I minori stranieri non accompagnati rappresentano una presenza costante e significativa sul totale degli arrivi dei migranti via mare in Italia, con una percentuale superiore al 13% nel 2016 e 2017, salita fino al 15% nel 2018 (2.171 su 14.330 persone sbarcate fino all’11 giugno 2018).

Hanno un bagaglio di vita pesante alle spalle, costituito spesso da violenze, torture, schiavitù, privazioni e sono accomunati dall’esperienza di un viaggio lungo mesi se non anni, compiuto senza un adulto di riferimento per raggiungere un futuro possibile in Europa.

“Da tempo denunciamo ripetutamente le condizioni di vulnerabilità di questi bambini e adolescenti, raccogliendo nei porti di sbarco le loro terribili testimonianze sulle violenze compiute dai trafficanti lungo tutto il percorso e la permanenza in Libia. Anche oggi, di fronte alle persone che continuano a rischiare la loro vita nel Mediterraneo e agli ostacoli frapposti ai soccorsi, l’Europa non trova una voce comune in difesa dei diritti in particolare di chi è più vulnerabile, preoccupandosi invece di rafforzare le proprie frontiere. I bambini non possono essere ostaggio delle dispute politiche e il soccorso umanitario deve essere una priorità, insieme all’apertura di canali legali verso l’Europa e agli interventi di sviluppo nei paesi di origine  e di transito dei migranti” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

I minori non accompagnati che riescono a raggiungere l’Italia e l’Europa incontrano ostacoli e difficoltà per diventare adulti in un paese che non conoscono e affrontano le sfide dell’integrazione decisive per il loro futuro, dall’apprendimento della lingua all’inserimento scolastico e lavorativo. Sono sfide da superare per non rimanere sospesi in un limbo e poter invece raggiungere una piena integrazione, sentendosi parte attiva e responsabile della comunità territoriale di accoglienza. E’ la fotografia dei problemi e delle opportunità che incontrano i 18.303 minori stranieri non accompagnati censiti e presenti nel territorio italiano a fine 2017, contenuta nel secondo Atlante a loro dedicato dal titolo significativo “Crescere lontano da casa” di Save the Children – l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro - presentato oggi a Milano presso l’Ufficio di Informazione del Parlamento Europeo.

L’83,7% ha 16 e 17 anni, ma tra loro ci sono gruppi particolarmente vulnerabili come i piccolissimi, le ragazze e gli irreperibili. I minori sotto i 14 anni sono 1.229, pari al 6,7% dei presenti, di cui 116 (0,6%) hanno meno di 6 anni. Le  ragazze presenti sono 1.247 (6,8% del totale) provenienti per il 60% da soli due Paesi, Nigeria ed Eritrea, esposte al rischio di tratta e violenza sessuale, 191 delle quali sono ancora bambine che raggiungono al massimo i 14 anni (15% del totale delle ragazze ospitate). Infine, ci sono le migliaia di minori soli che si rendono ‘irreperibili’[, un’altra categoria fortemente a rischio tratta, in transito verso altre destinazioni europee, sfruttati nei cantieri o nei campi o, peggio, nel mercato della prostituzione, priva delle tutele e della protezione offerte dal sistema di accoglienza nazionale. Il loro numero totale, al 31 dicembre 2017, ammontava a 5.828 minori, in calo rispetto ai 6.561 registrati alla stessa data del 2016, ma sempre moltissimi, anche in considerazione della sensibile riduzione registrata invece negli arrivi via mare (-39% rispetto al 2016). I 5.828 sono i ragazzi che si sono allontanati dalle strutture negli anni e che risultano ancora oggi minorenni e irreperibili. Solo l’anno scorso, invece, si rendevano irreperibili 2.440 dei 15.779 minori giunti senza figure di riferimentonel corso del 2017.

Quasi la metà dei 18.303 minori non accompagnati presenti in Italia al 31 dicembre 2017, 7.988 pari al 43,6% del totale, è ospitato in una sola regione, la Sicilia, seguono Calabria (1.443 pari al 7,9%), Lombardia (1.216 pari al 6,6%), Lazio (1.049 pari al 5,7%), Emilia Romagna (1.017 pari al 5,6%); 9 minori su 10 sono ospitati in strutture di accoglienza e solo una parte residuale (il 3,1%) presso privati (generalmente affidati a famiglie). Più specificamente, quasi 1 su 3 (il 30,6%, pari a 5.605 minori) si trova in strutture di prima accoglienza, mentre la maggioranza (il 60,2%, pari a 11.022) è ospitata in strutture di seconda accoglienza. Quasi la metà dei minori accolti (il 48,7%) proviene da soli 5 paesi: Gambia (2202, 12%), Egitto (1807, 9,9%), Guinea (1752, 9,6%), Albania (1677, 9,6%) ed Eritrea (1459, 8%).

“Fra pochi giorni si celebra la Giornata internazionale del rifugiato. Il 51% dei rifugiati nel mondo è costituito da minorenni: più di 11milioni di ragazzi e ragazze, soli o con le proprie famiglie, costretti a vivere in strutture di accoglienza di emergenza, spesso privati della possibilità di andare a scuola e in condizioni igienico sanitarie precarie. Intere generazioni di bambini e bambine che hanno come unica realtà di vita quella di un campo profughi, senza una scuola o un ospedale, privati dei loro diritti fondamentali e della propria infanzia. I 15.779 ragazzi e ragazze giunti in Italia nel 2017 rappresentano una piccolissima parte di questi milioni di minorenni che, nel mondo, hanno deciso di lasciare il proprio villaggio e la propria città per trovare condizioni di vita migliori in altri paesi, spesso della stessa regione. Inseguono il sogno di un’esistenza priva di stenti, violenze e persecuzioni e cercano di raggiungere i paesi dove sanno esistere un livello di vita migliore. Per loro le possibilità legali sono di difficilissimo accesso e per questo si affidano ai trafficanti che li trattano come merci e con i quali loro e le loro famiglie si indebitano fino al costo della vita. Per molti di loro la decisione di partire e rischiare la vita è una scelta obbligata” ha affermato Valerio Neri.

IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA IN ITALIA

L’affido familiare

Al 31 dicembre 2017 risultano essere in affido familiare solo 567 minori stranieri non accompagnati sugli oltre 18.300 in accoglienza (il 3,1% del totale)[5]. Si tratta degli affidamenti tuttora in corso e tengono quindi in considerazione anche i provvedimenti emessi negli anni precedenti. Nel corso del solo 2017, al Ministero del Lavoro risultano essere stati emessi in Italia appena 306 provvedimenti di affido, di cui 236 ragazzi (77,1%) e 70 ragazze (22,9%), la metà dei quali di 17 anni (150, pari a 49%). La regione in cui questa buona prassi è più diffusa è l’Emilia Romagna con 40 provvedimenti (13,1%); seguita da Veneto e Piemonte con 24, (7,8%); Toscana con 22 (7,2%); Lombardia con 20 (6,5%). La nuova legge di accoglienza e protezione dei minori migranti (legge 47/2017) incoraggia fortemente l’affido familiare, come prima opzione rispetto all’inserimento in comunità.

“L’auspicio è che le istituzioni locali si attrezzino per accompagnare un numero sempre maggiore di famiglie ad intraprendere questa strada. Dalla nostra esperienza sul campo sappiamo che sono molte le famiglie disponibili che possono essere coinvolte” sottolinea Valerio Neri.

Gli irreperibili

Un’altra categoria particolarmente a rischio è rappresentata da ragazzi e ragazze per i quali è stato segnalato dalle autorità competenti un allontanamento dalle strutture che li ospitavano: i cosiddetti “irreperibili” che al  31 dicembre 2017 risultavano essere 5.828, un numero allarmante anche se in calo rispetto ai 6.561 registrati alla stessa data del 2016 che aveva visto però un numero maggiore di arrivi. Per la prima volta quest’anno è possibile sapere quanti sono i minori che si sono resi irreperibili nel corso del solo 2017[7]: sono ben 2.440, uno su sei di cittadinanza guineana (il 14,3%), ivoriana (il 9,7%) e somala (il 9,3%). Le nazionalità principali, invece, dei 5.828 minori resesi irreperibili anche negli anni precedenti che risultano ad oggi ancora minorenni e irrintracciabili sono in quasi un caso su tre (il 31,8%) somala o eritrea (925 ragazzi/e, quasi il 16% sul totale, per ciascuna delle due nazionalità), seguite da quella egiziana (671 ragazzi/e, l’11,5% sul totale) e afghana (577 ragazzi/e, quasi il 10% sul totale). Tra loro, inoltre, si contano ben 605 ragazze (il 10,4% del totale).

Proprio i minori eritrei, somali e afghani, nella maggior parte dei casi vogliono raggiungere altri paesi europei, spesso per ricongiungersi a familiari o amici. Questi minori sono di fatto transitanti che cercano di rendersi “invisibili” al sistema dopo essersi allontanati dalle strutture di accoglienza, vivono di frequente senza protezione e assistenza, esposti a isolamento e pericoli, con l’intenzione di attraversare da soli il confine tra l’Italia e il resto d’Europa, a Ventimiglia, a Chiasso o al Brennero. A queste frontiere vengono spesso respinti dalle autorità francesi, svizzere e austriache, anche se manifestano l’evidente intento di richiedere protezione internazionale. L’Europa non ha saputo dare una risposta a questi minori, e anche la procedura di Relocation, che prevedeva la ridistribuzione in sicurezza dei richiedenti asilo di alcune nazionalità tra gli Stati Membri dell’Unione, e che è stata sospesa il 26 settembre del 2017, ha rappresentato un’occasione perduta. Al 7 marzo 2018, infatti, risultano essere stati ricollocati dall’Italia solo 222 minori non accompagnati, di cui 174 già trasferiti in altri paesi europei e altri 48 in attesa di trasferimento. Altri 106 hanno concluso la procedura di ammissione e attendono la risposta di uno stato europeo. Ma anche volendo considerare la felice conclusione del procedimento per tutti, i 328 minori che avranno raggiunto un altro paese in modo legale e sicuro rappresentano una goccia nel mare degli oltre 40.000 minori soli giunti negli ultimi due anni in Italia.

La nuova legge e i tutori

La legge 47 del 2017 ha introdotto molte innovazioni nel sistema di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati. “A più di un anno dalla sua approvazione, il sistema di protezione e accoglienza delineato dal provvedimento è come una casa in costruzione. Un architrave di regole e responsabilità che, una volta completato da una piena attuazione, fornirà ai minori migranti una tutela organica, favorendo un percorso solido di inclusione nella società” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children.

L’ambito che ha registrato il maggiore impulso da parte degli enti attuatori è stato quello dei tutori volontari, rappresentanti legali e portavoce degli interessi del minore, ponte con le istituzioni e persone di riferimento, con cui confidarsi e a cui chiedere aiuto o consiglio nel quotidiano. Il reclutamento, la formazione e l’inserimento dei nominativi degli aspiranti tutori nelle liste costituite presso i Tribunali per i Minorenni sono proceduticelermente. Al 7 maggio 2018, infatti, sono 4.110 le candidature dei cittadini che hanno dato la loro disponibilità a diventare tutore volontario e 1.070 i nominativi trasmessi ai Tribunali per i Minorenni di coloro che, avendo già terminato il corso di formazione, sono pronti ad assumere una tutela.[9] Quasi tutti i Garanti regionali hanno attivato corsi di formazione sul territorio nazionale, mentre le difficoltà riguardano i tempi di nomina.

“I tutori sono un tassello fondamentale del processo di integrazione, se lo intendiamo, come dovremmo, non solo nei termini di garantire risorse materiali fondamentali (un posto dove dormire, un modo per mantenersi), ma anche come ricostruzione di un legame di fiducia - traumaticamente interrotto a causa della fuga e durante il viaggio - nei confronti degli altri, così come riguardo alle proprie capacità e ai propri talenti. La disponibilità dei tutori volontari è un segnale straordinario che viene dalla società civile e che oggi sta alle istituzioni raccogliere e non tradire” ha aggiunto Raffaela Milano.

Integrarsi

L’iscrizione a un corso di lingua italiana o a scuola rappresentano per i minori migranti i principali strumenti per l’inserimento nella comunità ospitante e per l’avvio di un effettivo progetto di integrazione. Per quanto riguarda l’aspetto dell’apprendimento della lingua, la realtà è abbastanza positiva anche se non uniforme[10]. Nella maggior parte dei casi, infatti, i minori presenti in prima accoglienza frequentano corsi di alfabetizzazione all’interno della struttura stessa o sono iscritti a un corso esterno.

Secondo l’ultimo rapporto annuale SPRAR disponibile, la stragrande maggioranza dei progetti SPRAR (94,8%) ha garantito almeno dieci ore settimanali di studio della lingua italiana a tutti o alla gran parte dei minori presenti nel corso del 2016, quasi 3.000 minori hanno quindi potuto frequentare un corso di lingua italiana. Tuttavia, di essi solo 1.585 hanno terminato il percorso formativo con il conseguimento di una certificazione di frequenza riconosciuta a livello regionale e/o nazionale.

Una situazione più complessa è quella relativa all’accesso al sistema dell’istruzione pubblica per l’assolvimento dell’obbligo scolastico.

Non sono purtroppo reperibili dati certi sulla loro presenza nel sistema scolastico pubblico, ma secondo il monitoraggio svolto da Save the Children, i problemi più frequenti riguardano in particolare l’iscrizione alla scuola pubblica dei minori che hanno più di quindici anni (e quindi la maggioranza di quelli presenti in Italia). Una “prassi” diffusa è quella di procedere indiscriminatamente all’iscrizione presso i C.P.I.A. (Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti) che li pone in un ambiente frequentato anche da adulti, non sempre adatto didatticamente alla loro età e, soprattutto, separati dai loro coetanei e dal contesto della scuola.

Un quadro migliore è quello che risulta dall’analisi dei dati relativi ai minori non accompagnati inseriti nei progetti di seconda accoglienza della rete SPRAR: nella quasi totalità dei casi (il 92,8% dei progetti) i ragazzi e le ragazze sono stati iscritti a scuola, per un totale, nel 2016, di 1.310 alunni, anche se raramente nel ciclo scolastico corrispondente alla loro età o livello. L’inserimento nel contesto scolastico facilita allo stesso tempo la partecipazione alle attività extra-scolastiche, sportive, ricreative e culturali, ma anche di volontariato, che consolidano non solo i rapporti interpersonali tra i ragazzi e i nuovi amici che incontrano, ma anche la conoscenza e la relazione con il resto della comunità territoriale.

Diventare adulti

Compiere 18 anni per questi giovanissimi significa fuoriuscire dalla condizione di particolare tutela prevista dalla legislazione italiana per i minorenni e ritrovarsi a vivere, in quanto migranti adulti, un profondo cambiamento di status, che rende necessari dei passaggi amministrativi delicati e complessi, relativi in particolare alla conversione del permesso di soggiorno per minore età.

Nel corso del 2017, il percorso di integrazione che si è realizzato con maggior frequenza è stato quello scolastico, che ha coinvolto 1.136 ragazzi e ragazze, il 54,3% del totale, mentre 601, pari al 28,7% del totale, hanno svolto percorsi d’integrazione misti di scuola e formazione. In totale, quindi, più di 8 ragazzi su 10 (l’83%) seguono percorsi scolastici e formativi, il restante 17% di neo maggiorenni ha invece realizzato un percorso d’integrazione attraverso progetti di inserimento socio-lavorativo: 325 ragazzi sono stati coinvolti in percorsi misti di scuola e lavoro,mentre solo 30 ragazzi sono stati impegnati in percorsi esclusivamente lavorativi, soprattutto nel settore della ristorazione (il 29,2%), come cuochi o pizzaioli per esempio. Altri si formano nel campo dell’industria o della meccanica (il 22,1%) e diventano meccanici, elettricisti, operai. Altri imparano un mestiere artigianale, per lo più nel settore del legno e dell’arredamento. Infine molti sono impiegati nel settore dei servizi, soprattutto come giardinieri, commessi e camerieri.

L’Europa

Guardando all’Europa nel suo insieme, le richieste d’asilo da parte dei minori stranieri non accompagnati hanno registrato nel 2017 un forte calo, del 50% in meno rispetto al 2016, ma in Italia sono state ben 9.945, con un aumento del 65% rispetto alle 6.020 del 2016, il 31,3% di tutte le domande di asilo da parte di minori non accompagnati registrate in Europa.

““Relocation”, “Resettlement scheme”, “Corridoi umanitari” sono solo alcuni strumenti che hanno cercato di rappresentare delle prime risposte comuni europee per far fronte al flusso di rifugiati e di migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. Risposte purtroppo solo parziali e insufficienti che rispondevano più ai bisogni degli Stati di “gestire” l’emergenza che alla necessità di tutelare e accogliere i profughi in fuga verso l’Europa”, ha continuato Raffaela Milano – “Tuttavia, nonostante la scarsa portata numerica di queste azioni, che in due anni e mezzo hanno interessato circa 70.000 persone a fronte delle centinaia di migliaia di profughi giunti in Europa, la loro implementazione ha imposto un dibattito tra gli Stati Membri dell’UE, la Commissione europea e il Parlamento europeo sulla necessità di riformare la legislazione sull’asilo e in particolare il sistema di Dublino. Una riforma che deve avvenire nel rispetto prioritario del superiore interesse dei minori e tenere conto delle loro specifiche vulnerabilità.“

“È inoltre necessario condividere le responsabilità tra i paesi membri e lavorare insieme con i paesi terzi, di origine o di transito dei migranti, per trovare modalità sostenibili per affrontare il fenomeno migratorio. Bisogna quindi investire in una più solida e condivisa accoglienza, sull’accesso ai sistemi educativi per tutti i minori e su tutte quelle misure che possano facilitare la loro integrazione nelle nostre società, prendendo a modello la legge 47/2017, con una prospettiva di lungo periodo che guardi ad un sistema europeo di accoglienza e protezione dei minori migranti” ha concluso Raffaela Milano.