San Giorgio del Sannio

Era stato lo stesso procuratore generale a chiedere di riqualificare l'accusa di omicidio: da volontario a preterintenzionale. Una scelta compiuta sulla scia dell'invito arrivato a marzo dalla Cassazione, accompagnata, come diretta conseguenza, dalla proposta di una riduzione delle pene.

Avevano fatto altrettanto i difensori, che alla Suprema Corte si erano rivolti, ma la Corte di appello di Napoli, chiamata nuovamente a pronunciarsi, ha confermato le condanne già stabilite in secondo grado il 6 dicembre del 2016 per la rapina e, appunto, l'omicidio volontario di Maria Coppola, la 72enne di San Giorgio del Sannio che era morta all’ospedale Rummo il 18 febbraio del 2014, dieci giorni dopo essere stata aggredita e picchiata nella sua abitazione in via Bocchini.

I giudici hanno dunque ribadito i 17 anni e 4 mesi per Constantin Pandelea (avvocato Michele Senese), 25 anni, rumeno, residente a San Giorgio del Sannio, indicato come colui che avrebbe colpito la pensionata; i 14 anni a Giuseppe Mottola (avvocato Pierluigi Pugliese), 28 anni, di San Giorgio del Sannio, considerato l'ideatore del colpo; i 13 anni per Alfredo De Capua (avvocati Vincenzo Regardi e Agostino Guarante), 34 anni, di San Giorgio del Sannio, che avrebbe fornito le informazioni sul 'bersaglio' del raid; e i 12 anni a Luigi De Vizio (avvocato Vincenzo Todesca), 28 anni, di Torre Le Nocelle, in provincia di Avellino, che aveva preso parte all'incursione nella casa. Pene che, rispetto a quelle stabilite dal gup Loredana Camerlengo, con rito abbreviato, il 4 giugno del 2015, erano state ridotte in appello dopo il riconoscimento del concorso anomalo, invece escluso dalla dottoressa Camerlengo, che non aveva accolto le sollecitazioni in tal senso della difesa. Poi, il ricorso in Cassazione e la fissazione di un ulteriore giudizio d' appello, concluso oggi, come detto, con la conferma delle condanne.

Si tratta di una storia drammatica di cui ci siamo ripetutamente occupati. Secondo gli inquirenti, Maria Coppola era stata legata, colpita con pugni e poi trascinata a terra, dove la sua testa era stata sbattuta sul pavimento. Pandelea aveva aggredito la 72enne, De Vizio aveva rovistato, poi era fuggito quando aveva visto l’altro usare violenza. Doveva essere un furto che nei piani avrebbe dovuto fruttare un paio di chili di oro e 30mila euro in contanti, non un anello e due orecchini. Un raid ispirato e messo a punto, nell’ordine, da De Capua e Mottola.

Una ricostruzione contestata dalle difese, che avevano opposto alle conclusioni della dottoressa Monica Fonzo, consulente del Pm, quelle di un loro specialista, il dottore Emilio D’Oro. La morte – avevano sostenuto – è stata causata da un’infezione batterica; dunque, nessun rapporto tra il decesso ed il trauma cranico riportato, peraltro dovuto ad una caduta. Secondo i legali, l’anziana era stata schiaffeggiata e legata al braccio destro con un cordino, ma era riuscita a liberarsi. Si era alzata e svestita, quindi era caduta, battendo la testa. Gli imputati – avevano continuato - “non avevano alcuna volontà, alcun intento di uccidere. Volevano soltanto mettere a segno un furto. Non c’era in loro alcuna consapevolezza che l’unico schiaffo dato alla donna l’avrebbe portata al decesso”.

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