di Siep
La camorra e le faide di resina, una guerra di morte e sangue nello scontro tra i cartelli opposti. Fatti di sangue che hanno sporcato il vesuviano in una tragica escalation di omicidi.
Oggi un nuovo provvedimento che fornisce nuovi particolari su quegli anni di morte e sangue. E fu determinante nell’omicidio di un boss del clan rivale nel 2007, Anna Esposito la donna ritenuta affiliata al clan Birra, arrestata oggi a Cercola.
Esposito, 44 anni, già nota alle forze dell’ordine e ritenuta affiliata al clan camorristico Birra di Ercolano, avrebbe avuto un ruolo in uno degli assassinii cruciali avvenuti in quegli anni.
In concorso con il capoclan Antonio Birra e altri sodali del sodalizio, tutti condannati con sentenza della Corte di assise di appello di Napoli, aveva partecipato all’omicidio di Antonio Papale, ucciso il 10 febbraio 2007 a Ercolano, elemento apicale del contrapposto clan Ascione-Papale. Lei, una donna nel commando di morte che uccise il fratello del boss Mario Papale. La donna avrebbe partecipato alle fasi esecutive dell’omicidio individuando la vittima e fornendo la “battuta” al killer.
Tre ergastoli, più 120 anni di carcere in totale per altri quatto imputati. Sono queste le durissime condanne inflitte inel 2015 che chiusero il processo per l'omicidio di Antonio Papale, fratello del boss Mario, alleato della famiglia Ascione, ammazzato il 10 febbraio 2007 in corso Resina ad Ercolano (lo stesso giorno in cui, al bar ‘Maemi’ di Terzigno, venivano invece trucidati i fratelli Marco e Maurizio Manzo, di 39 e 32 anni, attirati in una trappola ed esponenti sempre degli ‘Ascione-Papale’).
Una guerra spietata quella che devastò il vesuviano. Una guerra in cui perse assurdamente la vita un innocente, Salvatore Barbaro.
Una vittima innocente di camorra caduta sotto i colpi dei sicari il 13 novembre 2009 a Ercolano. Quel pomeriggio Salvatore Barbaro era in auto in via Mare quando fu raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco che non gli diedero scampo. Fu colpito per un errore dello ‘specchiettista’, ovvero colui che aveva il compito di indicare l’obiettivo ai sicari. Le indagini avviate dai carabinieri hanno appurato che la sua ‘Suzuki Swift’ fu scambiata per l’auto dello stesso tipo di quella usata dal vero obiettivo del commando. Una lapide a lui dedicata sorge in via Mare, nel punto in cui avvenne l’omicidio.