di Simonetta Ieppariello

«Servono vincoli sicuri, perché i nostri lavoratori non sono oggetti, ma persone in carne ed ossa. Come lo sono i lavoratori e le lavoratrici di Auchan». Lo ha detto il segretario della Uil di Napoli Sgambati nel suo intervento dal palco di piazza del Gesù. Non un giorno di festa, questo primo maggio, ma di lotta. Il simbolo della Campania che trema, che perde posti di lavoro, che vede giovani emigrare per vivere diventano i lavoratori Auchan di Ponticelli. 137 persone. 137 famiglie. Storie e volti del dramma senza fine di famiglie monoreddito che rischiano di finire per strada.

La storia di Sabrina

Continua la protesta dei 137 lavoratori del centro di Ponticelli a Napoli, che hanno occupato gli uffici amministrativi pacificamente e simbolicamente, per testimoniare la necessità del lavoro e il loro radicamento al proprio impiego, alla propria vita. Storie di persone, famiglie, donne al limite che da settimane lottano per il diritto al lavoro, alla vita e alla dignità.

Si chiama Sabrina Migliaccio e trascorre il suo primo maggio manifestando, civilmente, nel centro con i suoi 136 colleghi, per lo più donne e per lo più disciplinati da un contratto part time.

«Sono una cassiera part time da 26 anni, sono una madre e non posso pensare che una via da percorrere possa essere anche quella di essere trasferita al nord. Siamo persone non cifre. Come posso - spiega Sabrina - guadagnando 800 euro al mese andare altro, forse al Nord. Sono separata ho un figlio di 22 anni e il mio posto all’Auchan è tutto quello che ho.

In Campania, negli altri centri è scattata la solidarietà con i contratti dedicati a questo tipo di procedura. Nel nostro, si sarebbe dovuti procedere con accurate procedure di rilancio e contenimento della spesa.

In questa fase di transazione con l’arrivo di un possibile nuova società potrebbero proporci forse di trasferirci al Nord. Io e mio figlio che faremo se perdo il lavoro? Andremo a mangiare in qualche mensa della Caritas assieme a tanta altra gente». Sabrina Migliaccio, cassiera part time («Come quasi tutti qui al centro commerciale») trascorre oggi il Primo Maggio nel presidio dei lavoratori Auchan che da un mese hanno occupato gli uffici appena l’azienda ha comunicato la chiusura entro il 30 aprile. Sono ore di attesa febbrile, con l’ansia che cresce ma la solidarietà tra colleghi che consolida la forza. «Io voglio lottare per il mio lavoro, voglio rimanere a Napoli, voglio poter vivere. Il lavoro è sacro, il lavoro è un diritto per tutti - spiega Sabrina con la voce rotta dall’emozione di queste settimane di presidio -. Senza contare che le nostre sono storie in molti casi di famiglie già fortemente provate dalla vita, in affanno emotivo ed economico. Penso alle mie colleghe rimaste vedove e con figli a carico. Cosa faranno? Come faremo tutti?». 

I sindacati stanno seguendo la vertenza con particolare attenzione. Si tratta di giorni decisivi per capire quale sarà il futuro dei lavoratori, per seguire le procedure di garanzia dei livelli occupazionali.

Una vertenza quella Auchan esplosa nei giorni successivi alla Pasqua quando una comunicazione dei vertici dell’azienda diede informazione ai dipendenti delle novità all’orizzonte.

«Il nuovo competitor dovrebbe garantire e non sappiamo ancora in che percentuali e in che forma i livelli occupazionali. Per chi, come me, lavora da 26 anni significherebbe, qualora si profilasse la nuova assunzione, rinunciare all’articolo 18 e ripartire con il jobs Act. Il tutto con il più che possibile dimezzamento dei posti di lavoro».

Primo maggio di lotta, in Campania perchè è record di disoccupati. A Napoli il 56 per cento di disoccupati vive nelle aree della periferia nord, da Secondigliano a Scampia, di cui oltre il 60 per cento donne. Fotografia impietosa di una provincia al palo, dove si registrano i picchi di emigrazione, soprattutto giovanile.

 

Le parole di Sgambati, la solidarietà ai lavoratori

«Il nostro primo maggio qui, a Napoli, in Campania, al Sud non è un primo maggio di festa, ma di lotta». Lo ha detto il segretario generale della Uil di Napoli, Giovanni Sgambati, concludendo, a nome di Cgil Cisl Uil, la manifestazione organizzata dal sindacato a piazza del Gesù, nel capoluogo partenopeo, per la festa del lavoro. Sgambati invoca l’aiuto del Governo, di cui l'Italia ed il Mezzogiorno necessitano al più presto. Territori per cui servono risorse e investimenti, ma soprattutto garanzie.

Nel 2017 Napoli, come informa l’Istat, è stata tra le maggiori città italiane quella che ha fatto registrare l’aumento più alto di disoccupazione, +3,9% rispetto al 2016. Insomma stiamo parlando di un esercito di 24 mila persone in più a caccia di un impiego. I senza lavoro, in città, sono 113 mila:, dieci anni prima, i disoccupati erano 34 mila. 

In questo primo Maggio in regioni come la Calabria (21,6 per cento), Sicilia (21,5), Campania (20,9) e Puglia (19,1) si doppia senza colpo ferire il dato nazionale (10,9). Sullo sfondo le vertenze che bruciano.

I tavoli aperti al ministero dello Sviluppo sono 162. Queste vertenze riguardano il futuro di circa 180mila lavoratori.

L'Appello di Mattarella

«Non mancano difficoltà nel nostro cammino. Tuttavia, dove c'è il senso di un destino da condividere, dove si riesce ancora a distinguere il bene comune dai molteplici interessi di parte, il Paese può andare incontro, con fiducia, al proprio domani». Con questo invito generale a pensare al bene comune dell'Italia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiuso il suo discorso al Quirinale in occasione del Primo maggio. 

E ancora: «La disoccupazione dei giovani è ancora troppo elevata, e al sud la mancanza di lavoro ha proporzioni inaccettabili». Ed anche l'occupazione femminile «resta sensibilmente inferiore rispetto alla media dei Paesi Ue». «La crescita del lavoro e la sua qualità restano necessariamente centrali per ogni strategia di governo. Il lavoro è la priorità, avvertita dalla stragrande maggioranza dei nostri concittadini».