Castelvenere

La 'pax camorristica' è fatta di 'competenze territoriali'. Si nutre di simboli, di segnali che vanno rispettati per evitare di scatenare guerre e guai. Limiti entro i quali 'operare' e far sentire la pressione intimidatoria, che non vanno superati per non disturbare i vicini. Logiche di spartizione del malaffare in aree ben precise, la delimitazione del raggio di azione dei vari gruppi criminali. Come quella indicata dal “ponte di ferro” che sorge poco prima dell'ingresso di Arpaia. Segna il limite tra gli interessi del clan Pagnozzi in Valle Caudina e di quello che la Dda di Napoli, i carabinieri e la guardia di finanza ritengono di aver delineato nella Valle di Suessola, nella limitrofa provincia di Caserta, come derivazione dei Massaro. Un clan storico, decapitato negli anni passati dai blitz delle forze dell'ordine e dalla successiva scelta collaborativa maturata dai alcuni suoi vertici, di cui avrebbe raccolto l'eredità Michele Lettieri, 54 anni, di San Felice a Cancello.

Racconta anche questo l'ordinanza di custodia cautelare eseguita questa mattina a carico di cinque persone. Restituisce uno spaccato dei rapporti e la necessità di conservarli anche in presenza di 'sconfinamenti'. Come nel caso di una estorsione, consumata ad Arpaia, che sarebbe stata attribuita ai Pagnozzi nella versione offerta in giro da uno degli autori. La risposta da Terra di lavoro sarebbe arrivata con una 'invasione' del campo altrui, con il tentativo di imporre il pizzo ad un'attività imprenditoriale di Paolisi.

Situazione ad alto rischio, che sarebbe stata composta dalla mediazione assicurata da personaggi considerati vicini ai Pagnozzi, nessuno dei quali raggiunto dalle misure adottate, e a Lettieri. La fine di ogni criticità che avrebbe messo a dura prova la resistenza degli equilibri consolidati nel tempo. Tutto rientrato, al di qua e al di là del confine: il “ponte di ferro”.

Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi figura, come è noto, un finanziere di Castelvenere in servizio a Solopaca (vedi altro servizio), al quale è stata contestata l'ipotesi di associazione di stampo mafioso. Ne avrebbe fatto parte, sostengono gli inquirenti, “partecipando attivamente”. Il paese noto per le sue cantine e la qualità dei suoi vini è dunque tornato nuovamente alla ribalta della cronaca, suo malgrado, a distanza di poco più di un mese dall'arresto di un altro militare delle fiamme gialle, anch'egli castelvenerese, per il quale era stata prospettata l'accusa di concussione ai danni di un imprenditore in un'inchiesta della Procura di Roma; in particolare del sostituto Antonio Clemente, ex pm a Benevento.

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