Avellino

In questi tre anni e più di attività culturali con Arteuropa e la Grande Madre, all’Osteria Pica, abbiamo incontrato artisti di tutte le discipline e per tutti i gusti, ognuno col suo bagaglio culturale e umano unico e inconfondibile. I pittori, gli scultori, come i poeti e gli scrittori forgiano la loro personalità nelle esperienze della vita quotidiana addizionandola al corredo cromosomico consegnato alla nascita. Spesso sono i geni ereditati a soccombere nella battaglie della vita, altre volte si difendono emergendo in modo trasversale e caratterizzando gli individui. Lo stesso vale anche per noi che operiamo costantemente nel sociale anche se solo in ambito culturale, i nuovi incontri, le nuove amicizie, arricchiscono la nostra esperienza, la capacità relazionale e di comprensione del prossimo.

 

In effetti, se fossimo capaci di vivere, ogni attimo sarebbe un granello di saggezza in più da sommare al tesoro esperienziale che accumuliamo dentro il nostro io. Purtroppo, spesso si vive di fretta lasciando scorrere i minuti nel tentativo di svolgere il maggior lavoro possibile, perdendo, in questo modo il gusto delle cose, sia esse brutte che belle. Ce ne convinciamo solo quando ci sediamo dietro la scrivania per mettere ordine ai pensieri, forse quello è il momento migliore per rielaborare ogni attimo vissuto, ogni esperienza fatta, ogni persona incontrata. Ripensando agli artisti che son passati sulle pareti dell’Osteria Pica, col nostro collaboratore Emilio De Roma, conveniamo che c’è tanta bella e varia umanità intorno a noi, il solo problema è incontrarla intimamente, cosa impossibile nella vita quotidiana, nel bar, lungo il corso, in chiesa o altri luoghi pubblici.

La rassegna cui demmo il via anni fa, con una mia personale di pittura, con Nicola Guarino, Enzo Angiuoni, tutti i pittori di Arteuropa, i poeti dialettali della Grande Madre, il Centro di Documentazione con Paolo Saggese, gli Amici DiVersi di Lucia Gaeta, le Pro Loco, le Amministrazioni e non ultima l’arte culinaria di Tonino, ci ha permesso di instaurare rapporti più intimi con le persone, ci ha insegnato a conoscere e rispettare ognuno per la sua peculiarità, per la sua forza ma anche per la sua umana debolezza. Abbiamo avuto modo di scoprire nuovi talenti musicali e valorizzare ulteriormente altri già affermati.

 

La musica e il canto, espresso nelle sue tante variazioni, dal classico di Daniela Salvo al popolare di Daniela Vigliotta, Andrea Palermo, Gerardo Lardieri, hanno creato l’armonia giusta, il cemento istantaneo capace di alzare mura alte e resistenti, un amalgama di artisti, poeti e musicisti che con la loro personalità hanno coinvolto positivamente il pubblico fino a renderlo un abitué delle nostre serate. Abbiamo scoperto il complesso mondo interiore di un grande figlio irpino confrontatosi col mondo, Piero Mastroberardino; la fresca spontaneità di Lucia Gaeta; la travolgente passione storica di Maria Rosaria Salito; la rassegnata amarezza di Gianfranco Imperiale; lo studio assiduo e impeccabile di Alessandro Di Napoli; la bellezza delle ceramiche del maestro Enzo Angiuoni; la straordinaria tecnica pittorica impastata di impalpabile malinconia del maestro Ambrosone; il mondo fanciullesco e policromo di Giacomo De Troia; la Murgia sassosa e luminosa di Mario Dibenedetto e Domenico Castellano; la calda simpatia dei poeti napoletani: Gianni Terminiello, Luciano Acunzo, Giuseppe Vetromile, Giovanni D’Amiano, Gaetano Napolitano, Stefania Russo; la bellezza del dialetto irpino con Emilio Mariani. Pittori e pittrici si sono susseguiti sempre sbalordendo lo spettatore con la magia dei colori intrecciati ai messaggi tristi o sereni, allegri o bui del loro cuore.

 

E c’è stato chi più di altri ha cantato la sua terra avvolta nella magia del manto nevoso o nei prati luminosi di primavera, poeta della sua Calabritto ma anche della Grande Madre che tutti sostenta e più di ogni artista sa regalare emozioni policrome. Raffaele Della Fera, pittore ma anche poeta della lode amorosa e commossa alla sapienza Somma, lode di grazia e di speranza, di fede convinta, ci stupisce con paesaggi per ogni stagione, come per non perdere un solo indizio, un solo fiore o raggio di sole o fiocco di neve, uccellino o cavallo nel vento. Raffaele, come molti altri pittori ospitati nella rassegna, e gli stessi curatori, Nicola Guarino, Emilio De Roma, hanno consolidato la loro forma espressiva attraverso l’esperienza degli anni, la coscienza delle cose, la loro pittura, ormai, è inconfondibile, una pennellata è una firma e non ti puoi sbagliare. Ma c’è chi è convinto che non si arriva mai da nessuna parte perché il mondo è un continuo scoprire di tecniche, verità, saggezze, conoscenze. E’ Nadia Marano di cui condivido pienamente il pensiero per quella comune necessità di andare oltre le cose, e guardare sempre al di là dei traguardi che non sono mai tali. Decoratrice, pittrice, restauratrice, Nadia ha la matita facile e il pennello professionale, l’accademia è stata solo una scuola tecnica, la vera scuola è la vita e lei la frequenta con passione cogliendo ogni vibrazione da trasformare in forma, colore pastoso, mai sporco o pasticciato, semplicemente lavorato.

 

Franca Molinaro