Pietrastornina

 

di Andrea Fantucchio 

Erano stati condannati per aver rubato un calice di ottone e argento, del valore di oltre mille euro, dalla chiesa Maria Santissima Annunziata di Pietrastornina. La Corte d'Appello di Napoli ha ribaltato la sentenza assolvendo gli imputati.

La decisione di primo grado si fondava sulla prova regina del procedimento, rappresentata dalle intercettazioni ambientali captati nell'autovettura di uno dei due. Registrazioni raccolte nell'ambito di un altro procedimento penale. Le prove erano state ritenute ammissibili perché la chiesa era stata considerata “luogo di privata dimora”. E, la flagranza del reato in questi luoghi, consente l'utilizzo di questo tipo di prova anche se raccolta nel corso di un altro procedimento.

La difesa, rappresentata dagli avvocati Gaetano Aufiero, Stefano Vozella e Alberico Villani, ha sollevato un cavillo procedurale con il quale: da un lato ha contestato che il furto in chiesa fosse qualificabile come “furto in privata dimora” e dall'altro che, per quel tipo di furto, non fosse previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Proprio il riconoscimento dell'eccepito vizio di forma ha determinato l'assoluzione degli imputati.

La corte di appello di Napoli, in conformità con quanto richiesto dai difensori, ha ritenuto infatti che la chiesa non fosse annoverabile quale luogo di privata dimora e ha disposto l'assoluzione riconoscendo la duplice conseguenza procedurale della inutilizzabilità delle intercettazioni e della improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela.