Noi non vogliamo, noi non dobbiamo replicare – soprattutto in questi giorni dedicati a una scelta, a una idea democratica, qualunque essa sia e a qualunque latitudine si orienti – ad accuse tanto disinvolte quanto infamanti.
Abbiamo un lavoro, una professione, che fa della reputazione e dell’onore le uniche armi possibili in questo impazzimento generale. Che siamo nel giusto lo testimoniano sia le scritte di alcuni mesi fa di cui Forza Nuova ha voluto tappezzare il portone d’ingresso della nostra redazione sia i cori di questo pomeriggio dell’ultrasinistra e le lordure lasciate sulle cantonate cittadine rivolte ai “giornalisti”, che nel corso degli anni abbiamo imparato a conoscere come venduti, imbeccati, servi del potere, ora anche terroristi, a seconda se ci occupavamo dei brigatisti infiltrati nel sindacati e nelle assemblee di fabbrica, delle bombe sui treni, dei golpe bianchi, dei massoni o dei gladiatori, delle trame di Sindona, dei soldi lavati dalla Chiesa, delle intercettazioni sulle risate per i terremoti e gli affari dietro ai morti sotto le macerie.
Di volta in volta, chi scrive è additato come nemico da chi viene colpito, da chi sul terreno della verità lascia qualche affare personale e sempre, quando alla coscienza collettiva viene chiesto di crescere, migliorarsi, all’orizzonte si affaccia l’oscurantismo di chi vuole un ritorno al medioevo, al vuoto di idee che va colmato con la paura, con la violenza.
A destra o a sinistra, gli stupidi non mancano mai. Non è uno slogan a farci paura, così come non lo erano i manifesti sotto la redazione: quello che lascia senza parole sono i ragionamenti per categorie d’idee, selezione di persone, cernita di razze, scelta di professioni, così che i nemici diventano, a seconda dell’occorrenza e a seconda degli occhiali ideologici che s’indossano, gli immigrati, i politici, i giornalisti, i poliziotti.
Finché accade in rete e uno si ritrova a dover gestire un webcretino, passi. Ma sotto casa, dove uno lavora, la cosa assume contorni più inquietanti e noi questo vogliamo denunciarlo.
Federico Festa