Benevento

In vista del primo maggio, il consigliere dell'Italia dei Valori Zoino si è soffermato sull'andamento del lavoro a Benevento: «Sfogliare le statistiche sullo stato del lavoro in Italia, alla vigilia della Primo maggio, è qualcosa di disarmante. È come credere di stare leggendo un articolo di cronaca, mentre invece quel che si ha sotto gli occhi è un necrologio. C’è un dato che emerge e incombe su tutti, quello sull’aumento della disoccupazione negli anni della crisi, ossia dal 2008 al 2014: più 108 per cento. Più che un numero, un’iscrizione funebre.

E non vanno certo meglio gli altri dati statistici: tasso medio di occupazione, molto al di sotto della media europea; tasso di disoccupazione giovanile, sufficientemente alto da eguagliare i record negativi precedenti; percentuale di Neet, quei giovani italiani – sempre più numerosi – che vagano nel limbo del non-lavoro e non-studio, e hanno perso qualsiasi speranza di garantirsi un futuro. Una catastrofe, che taglia trasversalmente il Paese da nord a sud, peraltro già sfiancato da anni di recessione, di depressione economica, con drastici cali della produzione industriale e del potere d’acquisto dei salari.

Da tempo il Primo maggio aveva smesso di essere la festa dei lavoratori. Era diventata la festa dei precari. Oggi, probabilmente, è soltanto la festa dei disoccupati.

Non fa piacere dover constatare la realtà di queste cifre desolanti. Anzi, per un politico, per un amministratore locale, è molto peggio che questo. Poiché ammetterlo significa anche constatare la sconfitta – per quanto provvisoria – della politica e delle istituzioni di fronte alla questione fondamentale del presente: come assicurare che il lavoro torni ad essere principio e valore di una vita vissuta con dignità. Come sconfiggere realmente la precarietà, come invertire la rotta delle politiche di riforma del lavoro, cui non sono estranee alcune norme della legge appena varata dal governo, il Jobs Act. Non è con un impianto normativo sbilanciato dal lato dell’impresa che si favorisce una rivalutazione del lavoro. L’aumento incondizionato della flessibilità è una via che ha già mostrato di essere un vicolo cieco. Le statistiche citate sopra stanno lì a testimoniarlo. Ci vuole altro per ridare diritti ai lavoratori.

Occorre soprattutto crearlo, il lavoro. Con una nuova politica di investimenti, di innovazione e di ricerca. Con un diverso approccio al problema da parte delle istituzioni locali, nazionali ed europee, e un diverso utilizzo delle risorse pubbliche. Per quanto sembrino frasi già sentite, sono l’unica strada da percorrere. Senza questi cambiamenti, l’occupazione non riprenderà a crescere. E l’anno prossimo, staremo di nuovo qui a celebrare un altro funerale, anziché a festeggiare una data fondamentale per la storia dei lavoratori e di noi tutti».

 Redazione