Avellino

 

di Andrea Fantucchio 

«Sono ancora sotto shock. Non sono uscito di casa perché non voglio più vedere in faccia persone come queste. Ho continui mal di testa e la notte non riesco a dormire. Ho diversi incubi e quando mi sveglio mi ritrovo tutto sudato e con la testa che mi scoppia». A parlare con Ottopagine.it è il diciottenne di Altavilla che due giorni fa ha denunciato di aver subito una feroce aggressione da parte di due coetanei. Il ragazzo ci ha chiesto di rimanere anonimo e noi rispettiamo la sua volontà per tutelare la sua incolumità (i due ragazzi denunciati sono ancora a piede libero, si tratta di un 17enne e di un 19enne).

«Questa storia è iniziata per un debito di venticinque euro con questi due ragazzi: uno dei due (il 17enne) era il mio migliore amico. Da loro avevo preso della marijuana, dopo averla provata non mi era piaciuta e quindi avevo deciso di non onorare il debito, ma loro non volevano sentire ragioni. Mi hanno spedito decine di messaggi minatori dicendomi che il mio debito era aumentato. Io non avevo tutti quei soldi».

E' allora che i due – questo ci racconta il giovane – hanno deciso di tendergli una trappola.

«Il mio migliore amico ha detto che mi avrebbe accompagnato, così da risolvere la faccenda. Ma arrivato a Piazza Kennedy, ad Avellino, ho trovato anche l'altro ragazzo. Mi hanno spinto e fatto entrare in un' auto guidata dalla madre di uno dei due (il 19enne): lei non ha detto una parola per tutto il viaggio».

La vettura si è fermata nei pressi dell'abitazione del 19enne. Poi i tre sono entrati in garage.

«Mi hanno insultato e minacciato. Poi mi hanno colpito con mazze di legno lunghe e spesse. Si sono fermati un attimo solo per confezionarsi uno spinello. Quindi hanno preso una corda, del nastro adesivo e un manicotto della moto. Mi hanno legato e imbavagliato continuando a insultarmi. Hanno atteso che facesse buio e poi mi hanno costretto a seguirli in un noccioleto. Lì il ragazzo di 19 anni mi ha detto che se non mi avesse ucciso il freddo lo avrebbe fatto lui il giorno successivo: perché la mia vita valeva il debito che gli dovevo».

Prima di essere legato il ragazzo ha nascosto il cellulare nel giubbotto.

«Il nodo non era troppo stretto. Con le forze residue sono riuscito a liberarmi e a scappare. Mi sono nascosto fra gli arbusti. E lì ho chiamato e aspettato i carabinieri di Avellino (guidati dal capitano Niccolò Pirronti). Sono stati loro a portarmi al pronto soccorso. Avevo dolore dappertutto. Mi hanno diagnosticato diversi traumi su tutto il lato sinistro del corpo. Fatico ancora a parlare perché ho dei tagli ed ematomi all'altezza del labbro».