di Andrea Fantucchio
«Sono due anni che cerco aiuto. Sono un padre separato e la mia bambina è a Bologna». Il 45enne arrestato a Calitri, con l'accusa di aver aggredito verbalmente il sindaco, Michele Di Maio, e poi aver dato un calcio a un maresciallo dei carabinieri, ha contattato la redazione di Ottopagine.it.
L'uomo, anche alla luce della storia familiare, preferisce restare anonimo. Ma intende rendere la sua versione dei fatti su quanto accaduto due giorni fa. Dal momento dell'incontro col sindaco fino all'intervento dei carabinieri. E poi al successivo arresto.
«Ho lavorato con un contratto rinnovato ogni tre mesi dal Comune di Calitri attraverso un progetto di inserimento lavorativo. Poi più nulla: ho bisogno di un lavoro vero ma non riescono a darmelo. Mi servono i soldi per vedere mia figlia che vive con la madre a Nord», ci racconta al telefono.
Il 45enne ci tiene a chiarire che «non c'è stata alcuna aggressione ai carabinieri. Sono stati momenti concitati. Ripeto: ho bisogno di un lavoro vero».
Sono stati momenti di forte concitazione nei quali «ho anche chiamato anche io la polizia per un intervento».
Poi è seguito l'arresto. Convalidato dal giudice che ha rimesso in libertà l'uomo in attesa dell'udienza in programma ieri e poi rimandata. Il 45enne, quindi, ora è tornato a casa ma si dice fortemente scosso: «Ho bisogno di trovare una soluzione definitiva. Non ho bisogno di sussidi ma di un'occupazione».
Una posizione che l'uomo avrà modo, se vorrà, di chiarire e ampliare proprio in aula. Quando affiancato dal suo avvocato proverà a smontare le accuse ipotizzate a suo carico e convincere il giudice a disporre per lui l'assoluzione. Al momento si sono rivelati inutili i tentativi di contattare il sindaco per conoscere la sua versione dei fatti. L'amministrazione, per ora, ha preferito non commentare.