di Luciano Trapanese

Avremo un futuro elettrico. Sempre meno dipendente da petrolio e, soprattutto, carbone. Siamo in una fase di passaggio, sempre più accentuata. E le rinnovabili rappresentano l'insostituibile prospettiva. Già adesso.

Molto dipende dalle esigenze imposte dai cambiamenti climatici (la Merkel ieri all'Onu: «E' una questione che segnerà il destino dell'umanità, vogliamo salvare il pianeta») e dall'inquinamento. Molto anche da un rinnovato interesse dell'economia mondiale. Che oltre alle rinnovabili (eolico e fotovoltaico), sta imponendo l'utilizzo sempre più massiccio dei gas. Questione di business.

Lo rivela una fonte non sospetta come l'Agenzia internazionale per l'energia (Iea). Non sospetta perché da sempre è stata un punto di riferimento per la potente industria degli idrocarburi. E che – fino a qualche anno fa – avrebbe definito apocalittico uno scenario di questo tipo.

Ma tutto sta cambiando. E anche velocemente.

La Iea ha individuato i quattro aspetti che determineranno questa rivoluzione nei prossimi 25 anni.

Le energie rinnovabili saranno impiegate in modo sempre più massiccio anche perché i costi sono in netta diminuzione.

Sta crescendo la quota complessiva di consumo dell'energia elettrica.

Sarà determinante la svolta dell'economia cinese che ha virato in modo deciso verso la produzione di energie pulite. Una scelta che non può che avere delle importanti ripercussioni su scala globale.

In virtù di questi cambiamenti gli Stati Uniti sono destinati a diventare indiscussi leader mondiali nella produzione di petrolio e gas. Superando Arabia Saudita e i Paesi dell'Opec.

La data limite è fissata nel dossier per il 2040. Fino ad allora il crescente fabbisogno energetico mondiale sarà soddisfatto soprattutto dalle fonti rinnovabili e dal gas naturale. In pratica: gli anni del boom del carbone sono finiti. Mentre la domanda di petrolio rallenta, ma non si inverte (sostenuta dall'India) prima del 2040, anche se le vendite di auto elettriche cresceranno in maniera esponenziale nei prossimi anni.

L'Agenzia internazionale prevede che entro 25 anni i due terzi degli investimenti sull'energia saranno dirottati sulle rinnovabili.

Già nel 2030 (sono solo 13 anni), le rinnovabili produrranno l'80 per cento del fabbisogno energetico. E la fonte principale sarà quella eolica.

L'elettricità sarà in costante crescita per i consumi mondiali di energia (il 40 per cento entro il 2040). In pratica la stessa crescita che ha caratterizzato gli idrocarburi negli ultimi 25 anni.

E in questo contesto, com'è la situazione in Italia?

Siamo sulla buona strada, ma siamo lontani anni luce da altri Paesi europei che si stanno muovendo con grande decisione nella stessa direzione. La Germania in particolare. Che è diventata un riferimento per la green economy industriale. Soprattutto per eolico e fotovoltaico (ci danno punti anche sull'energia solare...).

Il ministro dello Sviluppo economico, Calenda, ha concentrato la sua azione in particolare sui temi della sicurezza energetica e la competitività dei costi (i prezzi dell'energia in Italia sono tra i più alti in Europa). Ma non è stato altrettanto chiaro sui progetti di sviluppo per le rinnovabili (come abbiamo visto il cuore del futuro). Eccetto che su un punto (assai dolente), impianti eolici e solari dovranno cavarsela da soli: stop – definitivo? - agli incentivi e neppure un euro per l'efficientamento degli edifici.

A completare un quadro in costante controtendenza con il resto del continente, il numero delle installazioni di fotovoltaico: nel nostro Paese è in netto calo. Mentre le rinnovabili nei primi quattro mesi di quest'anno erano in continua diminuzione, trascinate verso il basso dal crollo dell'idroelettrico (poche precipitazione, poca acqua nei bacini).

Possiamo ancora esibire dati in linea con gli obiettivi europei (20 per cento entro il 2020), ma se non c'è una strategia di lungo e medio termine rischiamo di rimanere al palo.

Basta guardare cosa fanno gli altri (per amor di patria escludiamo la Germania).

In Europa il record è svedese, già oggi ha raggiunto il 55 per cento del totale dei consumi da fonti pulite. Subito dopo (con percentuali molto oltre il 30 per cento), Finlandia, Lettonia e Austria.

Numeri importanti. E che sono destinati a crescere. Noi senza un piano energetico adeguato, e nonostante gli impegni firmati nella conferenza di Parigi (quelli stracciati da Trump), gli studi di mezzo mondo (sui cambiamenti climatici) e ora anche il dossier dell'Agenzia Internazionale (che dichiara finita l'era del carbone, e non solo), continua a mancare anche l'abbozzo di un progetto.

Del resto è storia recente: qualcuno – nel precedente governo – era davvero convinto che il futuro della nostra produzione energetica dovesse necessariamente passare per i pozzi di petrolio nel sud della Penisola... Una follia. Che lo studio dell'Agenzia internazionale conferma, in modo inequivocabile.