“Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito, in Italia, ad un aumento della temperatura media di circa 1.1°C ma nell’ultima estate abbiamo registrato un’ulteriore “impennata” di oltre 2 gradi rispetto alla media climatica del periodo di riferimento 1971 - 2000. Se questo segnale non dovesse essere un’eccezionalità ma confermarsi tale, significherebbe che potremmo essere dinanzi ad un’ ulteriore accelerazione del riscaldamento globale del pianeta.

Sempre durante l’ultima stagione estiva, la temperatura del mare, in Italia, ha raggiunto valori di oltre tre gradi rispetto alle medie dell’ultimo ventennio. Ci dobbiamo abituare ad estati con ondate di calore  intense e prolungate di origine subtropicale continentali e quadri termometrici  che oggi appaiono come eccezionali tra circa 20 anni rappresenteranno la normalità, con un cambiamento radicale del nostro stile di vita. Cambieranno ad esempio le stagioni turistiche ed agricole. Durante le future estati, con ogni probabilità avremo sempre meno acqua a disposizione e di questo dovremo essere consapevoli perché dal momento in cui l’acqua da fusione delle nevi sarà meno abbondante e si infiltrerà meno nelle falde acquifere più superficiali e le precipitazioni piovose saranno sempre più intense e meno persistenti,  la risorsa idrica sarà evidentemente meno abbondante e di qualità organolettiche peggiori. Già adesso, in molte aree pianeggianti prossime alle coste, specialmente nella pianura veneta ed emiliana, nella Capitanata pugliese e nel Campidano sardo, stiamo assistendo al fenomeno di ingressione del cuneo salino che porterà ad una minore disponibilità di acqua per l’irrigazione delle aree adibite ad uso agricolo con ovvie ripercussioni sulla loro produttività”.

E’ l’allarme lanciato dal climatologo Massimiliano Fazzini, Docente dell’Università di Camerino e Ferrara, ricercatore, importante studioso di tali fenomeni ed esponente dell’Associazione Nazionale dei Geomorfologi Italiani.

Fazzini sta conducendo da due decenni  importanti studi al riguardo. “Dobbiamo iniziare a non sprecare l’acqua quando ci laviamo. In Sicilia, Sardegna e Puglia dove non si ha la fortuna di disporre di importanti acquiferi fossili, si dovrà rapidamente valutare la possibilità di desalinizzare la risorsa idrica proveniente dal mare.

Considerando i modelli climatici futuri, problemi di tale portata per il Centro Italia non dovrebbero esserci  - ha proseguito Fazzini - perché eventi come quello del Lago di Bracciano son a mio personale avviso,   puramente eccezionali.  Evidentemente, però, si dovrebbe valutare la possibilità di costruire nuovi invasi montani. Al Nord il problema è complessivamente meno preoccupante ma con l’evidenza relativa alla probabile ulteriore irregolarità delle precipitazioni (con un evidente aumento dei periodi siccitosi in estate ed il perentorio ritiro degli apparati glaciali) diverrà anche qui preoccupante.

 Si dovranno poi combattere tutti gli emungimenti abusivi dell’acqua in ambito agricolo ed industriale”. I comuni del Centro Nord iniziano a progettare i Piani di adattamento ai Cambiamenti Climatici – Tutto fermo al Sud

“L’Italia si sta dimostrando uno Stato moderno in quanto è stata approvata la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Molti comuni del Centro Nord stanno procedendo tramite finanziamenti derivanti da progetti europei  alla stesura dei  piani alla scala locale  - ha continuato Fazzini -  che conterranno soluzioni per la mitigazione e  l’adattamento al cambiamento climatico in atto ma anche campagne di educazione ambientale contro lo spreco della risorsa idrica, il razionamento dell’acqua ma anche interventi strutturali ed infrastrutturali. Ad esempio, tra le varie iniziative previste nel piano Blue Ap, la città Bologna ha già previsto di ridurre d’estate la risorsa idrica  pro capite da 145 a 110 litri di acqua al giorno.       

Purtroppo mentre il centro - nord si muove il Sud è quasi totalmente fermo. Nessun comune del Sud ha elaborato un Piano di Adattamento ai Cambiamenti climatici” e solo alcune realtà delle regioni Abruzzo e Puglia hanno iniziato ad associarsi per dare inizio a queste procedure”.   

Italia senza neve -  Zero termico a 3600 metri - permafrost si scioglie – già prime frane. Il 70 Per Cento in meno di neve – niente precipitazioni primaverili.

“Nella stagione invernale 2016 -  2017, le precipitazioni nevose si sono mediamente ridotte del  50 al 70 per cento.  Possiamo dire che in sostanza in Italia è davvero nevicato poco, ad eccezione delle Alpi nord -  occidentali e che tali precipitazioni si sono concentrate in pochissimi episodi. Sono  inoltre mancate le importanti nevicate primaverili.  Durante l’estate  meteorologica appena terminata, la quota media dello zero termico si è attestata intorno ai 3600 metri contro i 2900 metri tipici dell’ultimo trentennio. Entro 30 anni è poi molto probabile che i piccoli ghiacciai alpini  di circo che rappresentano ben l’80 per cento dei nostri ghiacciai scompariranno del tutto.

Il sistema morfoclimatico glaciale ha risentito e sta tuttora risentendo -  ha continuato Massimiliano Fazzini  - di tale persistente anomalia termo - meteorica, tanto è che si è trattato dell’estate più critica dal secondo dopoguerra, peggiore anche dell’estate 2003.  I fenomeni che stiamo registrando potrebbero essere molto preoccupanti perché, come prima evidenziato,  le precipitazioni estive stanno divenendo più rare ma più intense ed irregolari  - a prevalente carattere di rovescio anche temporalesco sino alle quote sommitali - con conseguenze notevoli sul dissesto idrogeologico sulla catena alpina; alle quote più elevate, il permafrost si sta sciogliendo sempre più rapidamente. Le frane di Pizzo Cengalo che si stanno registrando in questi giorni sono infatti da legarsi soprattutto  al fenomeno dello scioglimento del permafrost”.   

Forse accelerazione dei cambiamenti climatici – Rischio aumento dissesto idrogeologico e diminuzione della risorsa idrica – Sequenza giorni continui senza precipitazioni aumentata del 15 per cento.

“La sequenza dei giorni continui senza precipitazioni  in Italia, varia dai 25 giorni della Pianura Padana ai 40 della Capitanata Foggiana ma negli ultimi 25 anni essa è mediamente  aumentata del 15 per cento, con conseguenze che rischiano di essere drammatiche per le località turistiche e l’agricoltura. Quanto alle precipitazioni estive, nel nuovo millennio  i giorni di pioggia si sono ridotti anche in montagna – ha concluso Massimiliano Fazzini – nella montagna appenninica, in misura del  15 – 20 per cento. Invece, sulle Alpi, si registra un aumento medio  del 10 per cento di precipitazioni anche se il segnale è mal distribuito dal punto di vista spaziale. Lo scioglimento rapido primaverile del manto nevoso ed il ruscellamento diffuso delle abbondanti e persistenti  precipitazioni  autunnali potranno determinare un’ amplificazione dei fenomeni di  dissesto idrogeologico -  importanti eventi alluvionali e franosi  - già in questo autunno, in un Paese già estremamente suscettibile e vulnerabile, con aumento esponenziale del rischio associato.

Dunque, alla resa dei conti  aumenta il rischio idrogeologico e diminuisce la disponibilità della risorsa acqua fossile.   Siamo in presenza della seconda estate più calda dal Secondo Dopo Guerra ad oggi, dopo quella del 2003. Con tutta l’energia a disposizione del sistema terra –mare -  atmosfera, le prime avvezioni  di aria fredda di origine atlantica o polare causeranno una forte destabilizzazione dell’atmosfera con precipitazioni molto intense e prolungate nel tempo, eventi anche estesi temporalmente 3 – 4 giorni in caso di “blocking” sinottico”.