“La coca cola fa più male dell'amianto". Queste sono le parole che pronunciò Elio Graziano nel ricordo di un operaio, ribadite nel corso dell'udienza del processo ex Isochimica in cui sono stati ascoltati ed interrogati i testimoni oculari di quella tragedia.
"Questo è quello che tutti dovevano credere, lasciando stare quel ragazzotto saputello che veniva da Ariano per fare dell'allarmismo e del terrorismo non armato ma psicologico. Attraverso le risposte, date dagli operai ancora in vita, alle domande del Giudice, del Procuratore Cantelmo e degli avvocati è stato possibile rivivere una storia i cui particolari fanno accapponare la pelle: dai pranzi ai compleanni festeggiati nelle carrozze piene di amianto, dalla mega fossa dove veniva interrato l’amianto ai bagni dei treni consegnati agli operai dell’ex ischemica sporchi e carichi di liquami, il che fa comprendere quale fosse il livello di considerazione degli operai da parte di Ferrovie dello Stato.
Aspetto fondamentale sono le risposte date dagli operai quando hanno confermato la presenza di due tecnici di Ferrovie dello Stato, con tanto di ufficio, addetti al collaudo delle diverse fasi di smontaggio, deicoibentazione dall’amianto e rimontaggio dei nuovi pannelli isolanti all’interno delle carrozze. Questo è quello che ha sempre sostenuto Giovanni Maraia che, oltre a denunciare le precise responsabilità politiche provinciali dall’allora primo ministro De Mita ai sindaci e dirigenti Asl di Avellino, aveva individuato nelle Fs e quindi nello Stato il vero mandante di quella che lui definiva una vera e propria “mattanza di 330 operai”.
Quando il Giudice ha cercato di comprendere come è avvenuta la presa di coscienza da parte degli operai, chi li ha guidati negli incontri con i dirigenti Fs di Bologna e Firenze, chi è riuscito materialmente a coinvolgere il Pretore De Idda di Firenze tanto da ottenere dalla Procura il primo sequestro e una leggendaria visita presso lo stabilimento. Quel chi che tutti conoscono quando si parla di Isochimica aveva smosso mari e monti arrivando all’Università Cattolica di Roma e all’Istituto Ramazzini di Bologna tanto da ottenere una visita, questa volta reale, da parte di un gruppo di medici ricercatori diretti dallo scienziato cancerologo Cesare Maltoni. Questi e tanti altri particolari sono emersi in un’udienza dove gli operai non solo hanno dovuto rivivere il dramma personale e dei compagni di lavoro che non ci sono più o gravemente malati ma hanno dovuto anche difendersi da domande finalizzate a farli entrare in contraddizione. Un processo che non può definirsi una passeggiata bensì, considerati gli eccellenti imputati, una vera e propria lotta che l’Associazione Ariano in movimento continuerà a seguire e combattere sempre al fianco degli operai.
Ci teniamo a ringraziare il lavoro del Giudice, del Procuratore e di tutti gli avvocati di parte civile che in nell’aula bunker di Napoli, in piena estate ad oltre 30 gradi, hanno celebrato l’udienza così come previsto da calendario. Siamo estremamente fiduciosi del fatto che questo processo arrivi a conclusione scrivendo la prima pagina di giustizia nella storia dell’amianto in Italia."