di Andrea Fantucchio
«Quando siamo entrati lì dentro la scuola era già distrutta. Ma migliore di quando l'hai ripresa tu. Stavamo con i ragazzi degli altri centri sociali. Anche il Malepasso di Avellino. Abbiamo rotto il lucchetto e siamo entrati. Ognuno di noi aveva nel cuore il ricordo di alcuni coetanei uccisi proco prima dalla droga del buco». Il racconto di Luca Criscuoli. (Clicca sulla foto di copertina e guarda il servizio video)
Siamo di fronte scuola di Atripalda a Rampa San Pasquale. Dopo avervi mostrato le denunce dei residenti: che parlavano di presenze notturne nella scuola, menzionando anche le messe nere. Oggi il portone è ancora aperto. Nonostante la promessa del sindaco, Paolo Spagnuolo, di mettere un lucchetto.
Criscuoli ci racconta dell'occupazione del 2005 nata da un gruppo di giovani che era cresciuto nell'humus dei centri sociali. Profondamente sconvolti da quanto successo in paese. In quel periodo erano stati trovati i cadaveri di due ragazzi, che si tenevano mano nella mano, nel parco pubblico del comune. Causa del decesso: un'overdose di eroina.
«Erano tempi difficili. Si viveva un profondo disagio sociale. Siamo entrati lì dentro anche per dare un segnale forte. Abbiamo ripulito il primo piano. Il secondo era inagibile. Poi, quando i Carabinieri sono intervenuti, abbiamo lasciato l'edificio pacificamente. Allora siamo stati anche avvicinati dall'amministrazione. Si parlava di progetti per rilanciare la scuola. Ma oggi, come hai ripreso, nulla è cambiato».
Diverse idee, alcune di queste addirittura premiate senza essere realizzate.
«Proprio così. Si parlava di progetti faraonici mai realizzati. Di fare della scuola di San Pasquale un centro sociale che non ha mai visto la luce. A noi ragazzi sarebbe bastato molto meno: un punto di ritrovo per le associazioni. Magari con uno spazio destinato anche alla municipale: questa zona è presidio ideale per sorvegliare la città».
Mentre oggi resta solo il degrado. A due passi dal centro. Il sindaco Spagnuolo ha parlato di un progetto da far approvare che prevede proprio la realizzazione di un punto di ritrovo per associazioni.
«Intanto – commenta amaro Criscuoli – il tessuto sociale della città è stato ulteriormente eroso. E si è acuito il malessere dei ragazzi. Una volta, forse, più visibile. Col dramma di chi si bucava o fuggiva di qui a gambe levate. Oggi i giovani implodono e muoiono lentamente. Perché non c'è niente di niente. Non un ritrovo per associazioni, non un'alternativa. E quando nasce un progetto che sembra riportare la speranza: ecco che qualcuno vuole “metterci il cappello”. Così si ammazza ogni speranza».
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