Avellino

 

di Simonetta Ieppariello

 

Allarme tubercolosi, spunta un caso anche ad Avellino e il sindaco Paolo Foti di concerto con l’azienda sanitaria decide, in via preventiva, di chiudere la scuola. Si tratta della Leonardo Da Vinci, nel centro storico, lo stesso plesso che accoglie i piccoli alunni dell’Enrico Cocchia da quando l’istituto di via Tuoro è stato chiuso.

Ad esserne affetto un ragazzino di 12 anni attualmente ricoverato nel reparto malattie infettive dell’ospedale Moscati. Un ricovero in via preventivo  ma che non desta alcun allarme, come spiega il primario, il dottore Nicola Acone, che precisa numeri e aspetti salienti di un caso in linea con i dati dello scorso anno.  «Il ragazzino di San Potito ha 12 anni, ora sta meglio anche se resta sotto stretta osservazione - spiega Acone -.  Si tratta del fratellino della bimba, iscritta alla scuola materna del paese, dimessa la scorsa settimana dal «Santobono» dopo essere stata curata per la stessa patologia. Si tratta di un nucleo familiare intero. Infatti anche il padre presentava gli stessi sintomi, ha iniziato la terapia antibiotica». 

Insomma si tratta di tre casi, dunque, per un unico focolaio nella stessa famiglia residente nel piccolo centro irpino. 

«Ma il ragazzino - spiega Acone - è bene precisare che non si è ammalato a scuola, non ha contratto la malattia tra i banchi.

Insomma, la stessa chiusura della scuola mi è sembrata una misura eccessiva. Bastava pulire bene, areare i locali per non correre alcun rischio».

Il sindaco Paolo Foti è stato messo a conoscenza dei fatti da una delegazione di genitori degli studenti dell'istituto di Piazzetta Solimena, ricevuta in Comune. 

«Mi sono confrontato con la dirigente dell’Asl di Avellino, Maria morgante. Stiamo aspettando la convocazione del prefetto per capire come muoverci, confrontare i numeri e fare dei bilanci esaustivi sui numeri del caso».

Intanto restano chiusi i cancelli oggi dell’istituto per ottocento ragazzini e lunedì ci saranno gli screening, i testi. Lo spiega la dirigente Monteforte. Infatti il 6 giugno dalle 9 in poi, presso il Servizio Epidemiologia e Prevenzione dell'Asl di via Circumvallazione, cominceranno i test. «Ai genitori ho dato tutte le notizie in mio possesso e girato la loro richiesta di disinfezione dei locali».

Intanto, lo stesso dottore Acone spiega che se i numeri sono in linea con quelli dello scorso anno, il dato rilevante è quello della concentrazione degli ultimi casi in un periodo ristretto.

Asl e Azienda «Moscati» chiedono l'intervento del prefetto di Avellino, Carlo Sessa. «È necessario alzare il livello di attenzione rispetto a una malattia che non è unicamente esotica ma che colpisce anche gli italiani», sostiene il primario  «L'anno scorso ricorda il medico sono stati registrati complessivamente 38 casi dei quali il 20 per cento ha interessato cittadini italiani. Mentre nei primi 5 mesi del 2017 siamo arrivati a quota 18. Otto di questi nell’ultimo mese».

Ad allarmare dunque è la concentrazione. Concentrazione che si sarebbe attesta tra San Potito Ultra e Salza Irpinia, dove a due ragazzi, di età inferiore ai 12, è stata diagnostica la tisi.

Ma non vanno creati allarmi. Acone è chiaro sul da farsi: serve correlazione e integrazione tra le azioni i Asl, Moscati e amministrazione locale, sotto l’egida del prefetto di Avellino.

Come era prevedibile sotto massimo controllo ci sono i centri di accoglienza. Due mesi fa è stato infatti sottoscritto un patto tra l'ospedale Moscati e l'Azienda sanitaria locale stabilendo un percorso medico e terapeutico rivolto specificamente ai migranti giunti in Irpinia.