di Luciano Trapanese

Non c'è niente da fare. Il social nelle mani dei cretini diventa uno strumento letale. Sette mesi fa la tragedia di Tiziana Cantone, la ragazza napoletana che si è impiccata dopo aver subito un lungo linciaggio mediatico: qualcuno ha diffuso in rete – come ricorderete - alcuni suoi video registrati nell'intimità. E da quel giorno la sua vita è diventata un insulto continuo.

Qualche settimana fa l'apertura di un account su Facebook con altre foto della ragazza di Mugnano di Napoli (non la rispettano neppure da morta).

Nei giorni scorsi – e il caso è stato segnalato dalla blogger Selvaggia Lucarelli – la storia si ripete. Questa volta a danno di un'altra ragazza. Sempre del napoletano. Un altro video, postato su un gruppo Fb. C'è la ragazza, un altro giovane. Fanno sesso. E una voce fuoricampo che incita il maschio.

Quelle immagini sono state scaricate da centinaia di migliaia di persone. E i commenti – anche di tante giovanissime -, sono stati feroci. Il brancoweb prima ha individuato il protagonista (che era ben visibile nel video, la ragazza un po' meno). Che si è anche vantato della sua “prestazione”, aggiungendo: «Non l'avrei mai pubblicato, ma mi hanno rubato il telefono». Che puzza tanto di scusa (in una eventuale inchiesta saranno gli inquirenti a stabilire se è vero). Poi è spuntato anche l'incitatore, che è diventato virale per il suo «vai Francè», urlato durante l'amplesso. Subito dopo è partita la caccia alla ragazza. Con le conseguenze che potete immaginare (sono state anche insultate diverse giovani, con nome, cognome e foto, prima di capire che nelle immagini c'era un'altra).

Non si è ancora spenta l'eco della tragedia di Tiziana. Nei giorni successivi a quel suicidio era tutto un fiorire di “mai più”. Di gente pentita per aver contribuito a diffondere quei video (ma non mancava certo il tipo che scriveva: «Se l'è cercata»). Invece siamo punto e a capo. Quella morte non ha cambiato nulla. Il linciaggio resta lo sport preferito di tanti frequentatori dei social. Eppure avranno capito che è uno strumento potentissimo. Capace di trasformare il pettegolezzo di paese (deleterio anche quello), in una condanna senza appello. Una marea di fango che seppellisce tutto e tutti. Soprattutto la ragazza di quel video. Il filmato – ci sembra chiaro -, è stato postato a sua insaputa (altrimenti nessuno avrebbe detto: mi hanno rubato il telefono). I coprotagonisti piuttosto che chiedere l'immediata rimozione si sono vantati col petto in fuori della loro esibizione («siete diventati dei miti!»). I gestori del gruppo hanno lasciato che le immagini circolassero indisturbate per giorni. E ai “controllori” di Facebook tutto questo è sfuggito.

E' di solo qualche giorno fa la “disavventura” di un giovane barista di Parma. Qualcuno ha postato un link e una foto sul suo profilo definendolo pedofilo. Sono arrivati centinaia di messaggi, carichi di minacce, insulti e frasi irripetibili. La bufala si è diffusa in pochi minuti. La sua vita rischia di essere segnata per sempre. Naturalmente non era vero niente. Ma vallo a spiegare. E perché spiegare qualcosa che non è vera? Sta di fatto che il giovane barista quando gira per la sua città trova sempre qualcuno che lo addita e lo definisce pedofilo.

Immaginate cosa accade in queste ore alla ragazza filmata in quel video...