di Luciano Trapanese

Otto anni di reclusione per tre piantine di marijuana. Ma non solo, tre piantine senza principio attivo. Ovvero: quella marijuana era meno “stupefacente” di una mediocre camomilla.

La richiesta è stata avanzata da un vice procuratore onorario del tribunale di Avellino. Una proposta di condanna che smentisce l'orientamento di molti magistrati italiani, propensi a infliggere pene minime (se non l'assoluzione), agli imputati finiti sotto processo per la coltivazione di qualche pianta di canapa indiana.

Sotto accusa un giovane di Roccabascerana, Alessandro D.P. Nel luglio dello scorso anno i carabinieri hanno trovato nel suo piccolo orto tre piantine. La perquisizione domiciliare aveva poi consentito di trovare tre grammi di marijuana, un bilancio e delle bustine vuote.

Le successive analisi sulla sostanza sequestrata hanno però dimostrato che quell'erba non conteneva principio attivo. Era – come detto – meno stupefacente di una insalata.

I difensori del ragazzo – gli avvocati Francesco Buonaiuto e Sonia Giusto -, hanno puntato proprio su questo non secondario aspetto per dimostrare che “il fatto non sussiste”. Tesi accolta dal giudice monocratico che ha assolto l'imputato.

La storia è interessante perché mette in risalto il comportamento ondivago della magistratura sulla coltivazione di quantitativi minimi di canapa indiana (di carattere domestico e uso – si suppone – privato).

In molti tribunali si sono registrate sentenze insolite. Come quella recente di Torino, dove una coppia è stata assolta perché la canapa che coltivavano era parte integrante della loro “filosofia di vita”. O di molti che hanno dimostrato come fosse per esclusivo uso personale o a scopo terapeutico. In altri casi è arrivata invece la condanna (seppur con pene lievi). Il caso di Avellino – che pure si è concluso con una assoluzione – lascia interdetti per la richiesta davvero eccessiva: otto anni è la stessa pena che si può infliggere per un omicidio preterintenzionale con rito abbreviato. Si consideri che per una rapina violenta a mano armata la condanna media non supera i cinque anni.

In Parlamento continua a rimanere parcheggiata proprio una legge che consente la coltivazione privata di massimo due piantine. Ma la discussione resta sospesa, anche per una insanabile contrapposizione ideologica. Nel frattempo la magistratura è un po' nel guado: tra la necessità di applicare la legge e la consapevolezza che i consumatori di “erba” in Italia sono quattro milioni. E molti la coltivano in proprio.