Contrada

Un presunto basista, una storia di debiti e due colpi di pistola. L'omicidio di Michele Tornatore, il pregiudicato di Contrada, giustiziato, bruciato e rinchiuso nel bagagliaio della sua Micra, sembrava sul punto di chiarirsi. Ma restano troppi lati oscuri, un movente un po' ballerino e i sicari in libertà.

L'autopsia ha accertato che sono due i colpi di pistola che lo hanno freddato. Proiettili esplosi con una calibro 7,65. Entrambi alla nuca. Una classica esecuzione.

La salma non è stata ancora consegnata ai familiari per i funerali. Evidentemente la procura cerca altri elementi.

Resta in cella l'unico indagato. Francesco Vietri, 54 anni, proprietario del capannone industriale di Montoro dove è stata localizzata la vettura della vittima – grazie al Gps – il giorno prima del ritrovamento del cadavere. All'interno della struttura i carabinieri – che operano alle direttive della direzione distrettuale antimafia di Napoli – hanno trovato delle tracce di sangue. Solo le analisi potranno stabilire se sono di Tornatore.

Vietri non avrebbe fornito alcun elemento agli inquirenti.

Un silenzio che potrebbe essere motivato da fattori del tutto diversi. E' completamente estraneo alla vicenda. Oppure: se fornisce i nomi dei sicari ammette di aver preso parte al delitto. O ancora: se parla oltre all'inevitabile accusa di concorso in omicidio mette a rischio la sua vita.

Nel frattempo restano tanti punti oscuri. Sono state ascoltate decine di persone. Amici e conoscenti di Tornatore. Ma non è emerso nulla.

La vittima – come si ricorderà – era reclusa in semilibertà nel carcere di Bellizzi. Usciva la mattina per lavorare, tornava la sera per dormire in cella. Sarebbe stato scarcerato tra qualche mese.

La carriera criminale di Tornatore è controversa. Nel 2004 è stato condannato dai giudici del tribunale di Torino a sei anni di reclusione per un traffico di auto e veicoli industriali rubati. Un giro grosso. Cinque anni prima è stato gambizzato a Montoro. Una vicenda avvolta da un cono d'ombra. Insomma, i suoi trascorsi non sembrano legati al crimine organizzato. Ma si è sempre mosso al limite di quella linea sottile che separa la malavita comune dalla camorra.

L'omicidio per un debito non pagato potrebbe anche reggere, ma non sembra del tutto convincente. Nel caso bisognerà capire con chi e a quanto ammontava l'eventuale debito della vittima.

La presenza di un basista lascerebbe anche supporre che i sicari non siano della zona. Ma anche questa è solo un'ipotesi.

Quelle tracce di sangue trovate nel capannone potrebbero aprire spiragli di verità. Se il sangue dovesse risultare di Michele Tornatore, la posizione dell'indagato potrebbe solo peggiorare. Aprendo le porte a una possibile e decisiva collaborazione.

In caso contrario si rischia di restare in un vicolo cieco.

Luciano Trapanese