Caivano

Titò, il presunto orco, che si era sempre dichiarato innocente rispetto alle accuse di pedofilia, per la prima volta da tre anni a questa parte nel processo sulla morte della piccola Fortuna Loffredo nel Parco Verde di Caivano, rilascia dichiarazioni che ribaltano completamente quelle rese fino a qualche mese fa quando ripeteva «non sono uno che guasta i piccirilli».

Lo sciopero della Camera Penale di fatto ha imposto lo stop al processo. E' saltata l'udienza del processo sul delitto di Chicca, la bimba abusata e uccisa tre anni fa nel Parco Verde di Caivano.

Intanto proprio ieri è arrivato il clamoroso colpo di scena. Dopo un breve confronto con il suo legale, l’avvocato Paolino Bonavita, Raimondo Caputo detto Titò, imputato di omicidio e abusi sessuali, presunto orco e assassino di quella piccola bimba dagli occhi verdi e capelli biondi, si è dichiarato disposto ad ammettere nella prossima udienza del 2 maggio di aver abusato dell’amica del cuore di Fortuna. Si tratta della prima figlia di Marianna Fabozzi – ex convivente di Caputo, imputata nello stesso processo in concorso per il reato di violenza sessuale - e la grande accusatrice del presunto «orco». La ragazzina ha solo 11 anni ed era l'amica del cuore di Fortuna. E' lei la principale accusatrice di Titò. Lei, col suo coraggio, ha permesso di mandare in mille pezzi quel muro, cortina di omertà che chiudeva nel buio e silenzio il parco Verde di Caivano.

Titò, intanto, per la prima volta confessa di averla molestata.

Una dichiarazione resa in maniera informale dinanzi al procuratore aggiunto Domenico Airoma, che si era intrattenuto nell’aula 116 della quinta sessione della Corte di Assise di Napoli dove è in corso il giudizio, diretto dal presidente Alfonso Barbarano e dal giudice a latere Elisabetta De Tollis.

Le sue dichiarazioni sono state irportate da Il Mattino: «Dottò, ve lo ripeto. Sono un ladro, e qualche volta lo ammetto ho toccato l’amica del cuore di Fortuna». E poi un’altra rivelazione choc segue a coda la prima. «Lo facevo e lo sapevano in casa. Sia Marianna, la madre della bimba, che la nonna Angela Angelino», quest’ultima già denunciata per falsa testionianza nel corso del processo. «Lo sapevano e non dicevano niente, dottò».