Confermata dalla Corte di appello la condanna a 15 anni, con rito abbreviato, per Damiano De Michele, 36 anni, originario di Pontelandolfo, operaio, accusato di aver ucciso il 13 gennaio 2015 Aurora Marino, 51 anni, assicuratrice, di Morcone.
Era il 10 novembre del 2015 quando il giudice Maria Ilaria Romano aveva pronunciato la sentenza, assolvendo l'imputato dall'accusa di occultamento di cadavere. Una decisione, quest'ultima, contro la quale aveva fatto appello il pm Marilia Capitanio; identica la scelta dell'avvocato Andrea De Longis junior, che avrebbe voluto per il suo assistito la concessione delle attenuanti generiche. Entrambi gli appelli sono stati respinti dalla Corte, che ha ribadito la pena per un delitto che all'epoca aveva avuto una vasta eco nell'opinione pubblica.
La vittima era una persona molto conosciuta, da sempre si spendeva per aiutare i bimbi in difficoltà. Era presidente dell'associazione onlus Pantera, di cui De Michele era collaboratore. Lui aveva confessato di averla ripetutamente accoltellata perchè temeva che lei potesse rivelare la loro relazione. Trenta i colpi che le aveva inferto, poi aveva pulito la scena dell'orrore. Aveva avvolto il corpo in una coperta, lasciandolo nel corridoio dell'appartamento nel quale doveva trasferirsi con la compagna, in stato di gravidanza.
Aurora, che come Damiano aveva alle spalle un rapporto finito, era sparita la sera del 13 gennaio. Non era rientrata, il giorno dopo nessuno l'aveva vista negli uffici dell'agenzia che gestiva. Comprensibilmente in ansia, i familiari (parti civili con gli avvocati Claudio Conte, Riccardo Venditti e Pierpaolo Marino) ne avevano denunciato la scomparsa ai militari della Stazione morconese. L'epilogo delle ricerche era arrivato grazie all'intuito di un carabiniere che aveva chiesto a Damiano di dare un'occhiata anche a quell'abitazione nel centro storico del paese che lui aveva preso in fitto per viverci con Miriam, la sua convivente. Era stata lei, reduce da una precedente esperienza, a far scoprire, la mattina del 15 gennaio, la terribile realtà.
Appena aperta la porta con le chiavi di cui era in possesso, era scoppiata in lacrime ed aveva cercato di addossarsi ogni responsabilità. Non era stata però creduta dagli investigatori, che avevano puntato le loro attenzioni su Damiano. Che, interrogato dal Pm, aveva ammesso di aver ammazzato Aurora. Punto di partenza della ricostruzione del dramma, la sera del 13 gennaio. I due si erano dati appuntamento nei pressi dell'appartamento di Corso Italia che sarebbe diventato il teatro dell'omicidio. Damiano aveva spiegato che, una volta all'interno, Aurora l'avrebbe minacciato di svelare a Miriam il loro legame, nato da qualche mese. Ed aveva aggiunto che, durante una lite furibonda scoppiata in cucina, avrebbe impugnato un coltello - una sorta di spadino – che lui le avrebbe strappato dalle mani. Usandolo, poi, contro di lei.
L'arma era stata ritrovata con la lama spezzata, al pari degli occhiali, della borsa e del computer della 51enne, nella Fiat Punto dell'allora 34enne, che, dopo aver lavato il pavimento sporco di sangue, ed aver fatto sparire gli indumenti, aveva nascosto con una coperta il corpo senza vita di Aurora.
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