di Luciano Trapanese

La Campania paga dazio, mezzo miliardo di euro in meno di export. Una batosta notevole, che potrebbe concretizzarsi a breve. Dipende dalla guerra commerciale su scala globale innescata dall'amministrazione Trump. Tre mesi e poi potrebbero iniziare tempi durissimi per tante aziende del settore agroalimentare campano: vino, industria conserviera, pasta, olio, mozzarella di bufala.

«Un disastro – ammette il presidente regionale della Coldiretti, Gennarino Masiello -. In una regione che fatica a guadagnare lo zero virgola qualcosa di pil, questo sarebbe un colpo pesante. Rischiano di chiudere tante aziende con evidenti ricadute negative sull'occupazione».

«Siamo molto preoccupati – aggiunge Vincenzo Tropiano, direttore della Coldiretti di Salerno -. Soprattutto per l'industria conserviera. Ma non solo. I nostri prodotti avrebbero un prezzo eccessivo, perdendo importanti fette di mercato».

L'export della filiera agroalimentare italiana vale quasi quaranta miliardi. Verso gli Usa c'è una fetta consistente: cinque miliardi. E la Campania da sola vale 500 milioni.

«C'è un rischio forte – continua Tropiano -. Ed è quello di far crescere a dismisura il mercato del falso made in Italy. Già – soprattutto negli Usa – è molto consistente. Pelate “San Marzano” prodotte negli Stati Uniti, vino californiano, pasta. Sarà una proliferazione. Avranno prezzi molto ridotti rispetto alla nostra produzione. Le nostre aziende diventeranno residuali».

Rischia di franare sul nascere l'ascesa anche dei vini campani più competitivi, come l'aglianico e la falanghina, che proprio in base all'eccellente rapporto qualità prezzo stavano scalando posizioni nell'export verso gli Usa.

«Se si concretizzasse, come sembra, la decisione dell'amministrazione Trump, potremmo dire di trovarci al centro di una tempesta perfetta per il settore agroalimentare campano. Da una parte i dazi statunitensi, dall'altra l'embargo con la Russia. In pratica la chiusura di due dei mercati più importanti.

L'alternativa poi, non sembra praticabile.

«Trovare altri mercati non è semplice – aggiunge il presidente Gennarino Masiello -. Negli Stati Uniti hanno il nostro stesso stile di vita, gli stessi gusti. E' più semplice imporre la nostra produzione. Ma per gli stessi motivi, se i dazi rendono inaccessibili la pasta, le conserve e le mozzarelle di bufale campane, lì è facile immaginare una crescita esponenziale del “falso made in Italy”».

Un disastro, appunto.