Si moltiplicano i casi di donne costrette a prostituirsi per pagare i debiti, Equitalia, superare le difficoltà provocate da un divorzio o – e sono la maggioranza – per la disoccupazione.

Ci sono episodi al limite: la casalinga che accetta di girare un film porno nella sua abitazione e per questo motivo le viene sottratto l'affidamento del figli (a vantaggio dell'ex marito che non pagava gli alimenti). Ma anche tanti altri che restano nell'ombra.

Di certo c'è un nuovo boom della prostituzione italiana. Donne che non esercitano per strada, ma in abitazioni. E che si pubblicizzano su siti dedicati.

Siti – è bene sottolinearlo – che si sono moltiplicati dopo una pronuncia della Cassazione (18 marzo 2009): la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui siti web deve essere considerata “come un normale servizio in favore della persona” (dettagli su Altalex).

Ce ne sono talmente tanti di portali per prostitute che è difficile anche un censimento. Una buona parte delle donne che si auto promuovono sono italiane. Ma non solo. Sulla rete è anche tutto un fiorire di pagine del tipo “ecco come diventare prostituta”, “così si scelgono i clienti”, “come e dove pubblicare i tuoi annunci”.

Mancano solo i tutorial sulla pratica (beh, per quello bastano i siti porno tradizionali).

Ma quante sono le italiane che hanno riscoperto il mestiere più antico del mondo? Difficile stabilirlo. Anche perché si tratta di un mondo sommerso.

Sui siti a tema si calcola siano circa diecimila. Ma certo non tutte utilizzano il web. Tante cercano di essere più discrete e si affidano ancora al passa parola. O hanno un numero ridotto e selezionato di clienti fissi. Soprattutto nelle grandi città è un tipo di attività che garantisce un certo anonimato.

Delle diecimila che hanno affidato alla rete la loro promozione, la netta maggioranza è del sud. L'età media è intorno ai trenta anni (ma molte sono le over 40). Le tariffe variano tra i 40 euro per un'ora ai 500 per tutta la notte (le escort da migliaia di euro appartengono ad un'altra categoria).

Dietro questo ritorno – come detto – c'è sicuramente la crisi economica. Non siamo ancora ai livelli della Grecia, dove l'incremento della prostituzione indigena è stato del 180 per cento negli ultimi due anni. Ma il trend è quello.

Secondo le stime del Codacons nel 2007 le prostitute erano 70mila con un fatturato di due miliardi e 800 milioni e due milioni e mezzo di clienti. Nel 2016 il fatturato ha raggiunto quasi quattro miliardi, le “operatrici” sono circa 100mila (straniere comprese) e i clienti si avvicinano ai quattro milioni.

Una delle poche attività in crescita esponenziale nel nostro Paese.

C'è anche un altro dato importante: lo sdoganamento della sesso a pagamento. Viene visto con sempre maggiore facilità “un lavoro come un altro”. Il che rende anche più “accettabile” l'idea di vendere il proprio corpo in caso di necessità economica. Uno sdoganamento che è anche alla base della perenne discussione sulla legalizzazione del meretricio (ma restano poi irrisolte le questioni legate alla criminalità).

L'incremento della prostituzione in casa è evidenziato anche dal crescente numero di cause condominiali. In realtà la legge non vieta sic et simpliciter l'attività (ma lo sfruttamento e il favoreggiamento). Quindi è difficile pretendere che una donna debba lasciare un edificio se pratica il mestiere tra le mura domestiche. Per aggirare l'ostacolo molti stanno inserendo tra le norme che disciplinano la “vita condominiale” - da firmare al momento della stipula del contratto - il divieto di prostituirsi in quell'abitazione.

Tra le regioni del sud dove è più alta la percentuale di italiane che hanno intrapreso il mestiere c'è la Campania. E più del 90 per cento “lavora” tra le mura domestiche. La strada – con tutti i pericoli che comporta – è lasciata alle straniere.