di Luciano Trapanese

Ci dividiamo su tutto, con un furore ideologico che spegne ogni possibile dialogo. Accade sempre (è un po' il nostro limite nazionale: ma adesso va anche peggio). E non poteva non accadere anche per la sentenza del tribunale per i minorenni di Firenze, che nel rispetto di una serie di normative (compresa la convenzione dell'Aia), ha riconosciuto l'adozione di due bambini a una coppia gay italiana.

Coppia gay residente da anni in Inghilterra. E lì, grazie alle leggi britanniche, ha adottato i piccoli (tra loro fratelli biologici). Il tribunale fiorentino ha riconosciuto ai due genitori gli stessi diritti già garantiti dai giudici britannici.

I commenti si sono sprecati. In rete e sulle agenzie. Dagli scandalizzati, agli esultanti. Con il fronte cattolico integralista (ma non solo), alla destra (che oggi si fa chiamare sovranista), è tutto un grido di dolore. Sulla fine della famiglia, sulla vittoria delle teorie gender. E come corollario, il solito ritornello contro la cultura mainstream, liberal, radical chic e – non poteva mancare – i “buonisti”: la categoria che include – secondo alcuni – il peggio del peggio. E che in genere si declina con l'accoglienza degli immigrati.

Dall'altra parte gli osanna, naturalmente. E gli applausi incondizionati ai giudici che hanno colmato un «indecente» vuoto legislativo. «La vittoria della modernità», dicono.

Il furore ideologico impedisce di guardare oltre. Di verificare cioè quello che dovrebbe essere un requisito base per adottare un figlio: la capacità di crescere i bambini con amore e in un ambiente sereno.

Ma persone dello stesso sesso possono crescere ed educare un bambino?

La risposta è un'altra domanda: perché no?

Perché avrebbe due mamme e niente papà o viceversa? Beh, sarebbe anche un argomento valido se una buona percentuale di matrimoni eterosessuali non finisse in un divorzio (e quindi o mamma o papà). O se la convivenza di coppie “normali” fosse sempre idilliaca.

Non è così.

Chi ritiene uno scandalo quella sentenza sostiene un'altra tesi: ma non pensate ai bambini, in quale contesto morale crescerebbero? Inutile girarci intorno: chi si pone questa domanda suppone che essere educati da coppie gay sia un viatico per diventare omosessuali.

Ma le pulsioni sessuali non sono contagiose. E se non le senti, non c'è niente da fare.

O qualcuno di voi ritiene che l'omosessualità possa essere trasmessa, come una malattia?

La questione resta comunque delicata. Si comprende la posizione della Chiesa (i dogmi sono dogmi). O di quei cattolici che con tutti i distinguo non possono però accettare la relazione con prole di una coppia omosessuale. Ma del resto sono gli stessi che non concepiscono la libertà di scelta sull'aborto o il divorzio.

E' una convinzione che si sposa con la fede. E la fede non conosce ragione (o ragionamenti): è così e basta (tesi accettabile, ma non dovrebbe essere imposta a chi non è cattolico).

Il furore – almeno nei commenti – arriva soprattutto da altri. Da chi al di là di una concezione religiosa, ritiene che dare la possibilità di adozione a una coppia gay sia una bomba innescata sotto la tradizionale impalcatura della nostra società, che ha la famiglia come nucleo fondante. E la famiglia non esiste se non è costituita da un uomo e una donna.

Lo scontro frontale è tutto qui. Tra chi ritiene l'adozione per gli omosessuali il segno di una civiltà in evoluzione e chi sostiene invece che questa presunta evoluzione espliciti in realtà l'evidente decadimento di una società che per salvarsi ha bisogno invece di ancorarsi di nuovo ai valori del passato.

Voi come la pensate? E' giusto consentire ai gay l'adozione di un figlio? O dovrebbe essere prerogativa di coppie etero?