Benevento

Vincenzo Principe, delegato regionale dell’Udc, apre una riflessione su un modello di sviluppo territoriale, invitando al dialogo le istituzioni ed il territorio.

"Il ruolo del partito non deve esaurirsi nel solo servilismo, ma deve essere il luogo dove ha sviluppo il pensiero, da cui derivano le linee guida che governano i processi evolutivi della società.

Siamo entrati in una fase in cui l’economia viaggia su due livelli: una crescita veloce e diseguale della finanza che si muove senza confini e una crescita lenta dell’economia reale e del lavoro produttivo. In questo scenario continuano ad aumentare in modo esponenziale la diseguaglianza nella distribuzione di redditi e ricchezze, perché più la crescita è contenuta, più continuano a divaricarsi le distanze tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.

Agire in una logica di sviluppo locale è indispensabile proprio per trasformare questa crescita lenta in una ricerca di progresso economico più equo ed inclusivo.

È tempo di trovare la forza e il coraggio di dire che le cooperative sociali autentiche sono quelle che hanno davvero possibilità di dimostrare di essere a mutualità allargata e cioè capaci di generare quella catena di valore condiviso che realizza, insieme ai servizi, iniziative di sviluppo locale.

Le cooperative sociali, ai sensi dell’art. 1 della legge 381 del 1991 "hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso, la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente legge, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.”

Le cooperative sociali sono soggetti giuridici che hanno lo scopo, ben delineato dal legislatore, di perseguire la promozione e l’integrazione dei cittadini, quali obiettivi di interesse generale della comunità. Sono, altresì, opportunità di processi di emancipazione socioeconomica sia perché erogano servizi di welfare, sia perché si fanno carico dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

La nuova frontiera dello sviluppo locale e quella storica del welfare sono due aspetti, tra loro correlati, che sempre più si mischieranno, si integreranno e non potranno fare a meno uno dell’altro.

Presidiare il welfare significherà presidiare lo sviluppo economico, oltre che sociale, della comunità di riferimento. Richiederà sempre più una programmazione integrata, vettori in grado di valorizzare le risorse del territorio, reti di intrapresa economica e sociale. Quindi rendere più pulito, ordinato, legale, valorizzato un territorio, significa renderlo attrattivo e significa, anche e soprattutto, perseguire una idea di welfare, di sviluppo sostenibile, di emancipazione, di inserimento lavorativo, utilizzando tutti gli strumenti possibili, compresi i fondi della programmazione europea.

La cooperazione sociale può svolgere un ruolo primario, non solo utile allo scopo dello sviluppo locale, fornendo quel valore aggiunto tipico dello stesso fenomeno cooperativo, andando ad esaltare il collegamento, naturale e virtuoso, fra cooperazione sociale e pubblici poteri, entrambi proiettati verso il raggiungimento di una finalità condivisa e identitaria.

Attivare processi partecipativi efficaci non è semplice. A volte la partecipazione non risponde subito alle aspettative per cui è stata attivata e sembra che non porti valore aggiunto alla decisione o alla progettazione. Il più delle volte la partecipazione non è progettata come un percorso strutturato che preveda una prima fase delicata di ideazione, di costruzione del processo e questo costituisce il fallimento delle esperienze partecipative.

I progetti di sviluppo territoriale rappresentano modalità concrete per dare attuazione ai principi della governance multilivello e della sussidiarietà verticale e orizzontale.

Il Rapporto predisposto da Fabrizio Barca del 2009: “é necessario… favorire una partecipazione democratica ampia alle decisioni. In particolare è necessario assicurare i seguenti tre requisiti:

La chiara identificazione degli obiettivi in termini del benessere dei cittadini, misurati da indicatori robusti, che consentano un confronto in merito ai progressi conseguiti e a quanto accade in altri luoghi e capaci di stabilire un punto focale per il dibattito pubblico e per l’azione, una costante mobilitazione di tutti gli interessati stimolata dall’intervento esogeno, attraverso la produzione continua di informazione sulle azioni e sui risultati e la possibilità di esprimere proposte alternative e di dare voce al dissenso, un approccio sperimentale attraverso il quale gli attori collettivi locali possano sperimentare soluzioni esercitando il controllo reciproco e sia attivato un sistematico processo di apprendimento dove la valutazione di impatto abbia un ruolo di rilievo e i risultati degli interventi passati siano utilizzati per progettarne di nuovi”.

In questo Rapporto, Barca analizza nello specifico tutte le varianti e le problematiche del caso, andando a ribadire che ogni processo partecipativo è a sé e ogni processo è spinto da ragioni diverse, ma la costante, che può essere colta, è una, quella di migliorare e di dare una opportunità ai partecipanti, di riqualificare il welfare di in territorio e allo stesso tempo il territorio stesso, da territorio emarginato e distante dai maggiori centri di interesse diventa “il centro di interesse”.

Viviamo un tempo di grandi trasformazioni: l’epoca della crescita economica smisurata, illusoriamente illimitata, è finita e, per alcuni aspetti, si potrebbe dire che anche la spinta espansionistica della globalizzazione dei mercati sta cambiando forma e pelle. Se da un lato prosegue l’internazionalizzazione dei mercati e i flussi della finanza sono sempre più svincolati dai legami territoriali, dall’altro crescono le attenzioni per la dimensione locale, per la cura del territorio, per le tipicità culturali, alimentari, produttive e, in fondo, anche per le identità e le relazioni.

Questo potrebbe essere il vero assetstrategico su cui far valere la nostra differenza e capacità di creare valore sociale aggiunto.

Masullo in un suo libro “La libertà e le occasioni” conclude:” Urge rispondere alla straordinaria occasione del presente. Nel futuro, altrimenti, non vi saranno più occasioni a cui liberamente rispondere, e gli uomini allora saranno che stupidi effetti di sistema, passivi ingranaggi. Questa del nostro confusissimo tempo è la volta che perdere l’occasione è perdersi”.

Redazione Bn