Benevento

Fenomenologia di Gomorra. In piazza Arechi, davanti alla sede dell'Unisannio, ci sono più categorie di spettatori pronte ad ammirare Genny Savastano.
C'è l'esaltato di gruppo che con gli amici ripassa a manetta le battute, c'è la groupi che soffre il fascino del figlio del boss, c'è il commercialista con la pancia che quando infila le pantofole e inforca il telecomando si sente pronto al prossimo regolamento di conti. Non mancano neanche i baby imitatori con tanto di rottweiler al guinzaglio. Ma ci sono anche le autorità civili che non possono perdere l'incontro con uno degli attori protagonisti della più bella serie italiana mai prodotta: Gomorra.

 

Per Salvatore Esposito, il promettente attore del lavoro che ha conquistato il mondo raccontando il sistema criminale della camorra, sono in pochi. Meglio: sono pochi quelli preparati ad incontrare un ragazzo che sembra aver superato la prova difficile di impedire l'identificazione dell'attore con il personaggio che lo ha reso famoso. 
Insomma niente cresta e sguardo da squalo. Piuttosto un cappellino di difesa e gli occhi profondi di chi ha una storia da raccontare.

 

Salvatore Esposito è in città per presentare il suo libro: Non volevo diventare un boss. Come ho realizzato i miei sogni grazie a Gomorra pubblicato da Rizzoli. 
Un atto dovuto per chi ha raggiunto un successo come il suo. Ma anche un bell'esempio di forza e incoraggiamento a lottare per raggiungere i propri sogni dimostrando, con una storia vera, che è possibile anche se sei figlio di un barbiere e sei cresciuto nella Napoli popolare.

 

La serie lo ha cambiato tanto, ha condizionato la sua vita di ogni giorno travolgendola con un successo e una notorietà che a volte diventa affetto smisurato, difficile da gestire. «Gli effetti di Gomorra su di me sarà il mio prossimo libro» scherza in un incontro durato quasi due ore. Due ore per raccontare un'esperienza di vita e svelare retroscena inattesi e divertenti.
Di Gomorra non scuce niente. Ma il suo appello è a saper leggere la serie per come è. La storia di una famiglia di criminali. La denuncia di un mondo nascosto che vive senza regole e in modo spietato. Quindi la difesa di Roberto Saviano. «Ha sacrificato la sua vita per raccontare quel mondo».

 

Tra i messaggi più significativi, oltre a quello di credere nei propri sogni e lottare per realizzarli, l'incentivo a mirare in alto. L'attore sarà nel film di prossima uscita Addio fottuti musi verdi dei The Jackal e racconta: «Ho avuto tante proposte. Ho accettato solo quelle in cui credevo davvero».
A condurre l'incontro ricco di episodi, inaugurato dal saluto del rettore Filippo De Rossi, il giornalista Antonio Frascadore. Un arrivederci quello con il pubblico di Benevento dove l'attore tornerà la prossima estate per prendere parte al BCT, il Festival del Cinema e della Televisione.

 

Mariateresa De Lucia