Benevento

«I portavoce del MoVimento 5 Stelle in Regione Campania hanno depositato «una mozione che chiede di istituire il Giorno della Memoria in data 13 febbraio (fine dell'assedio di Gaeta), perché diventi occasione culturale di riflessione e dibattiti, che coinvolgano anche le scuole, le università e la società civile».
Oltre che come campani, la cosa ci interpella come sanniti: «Pontelandolfo, Casalduni e Gaeta sono solo alcuni dei paesi messi a ferro e fuoco in nome di un’Unità d’Italia nata sul sangue di migliaia di vittime da una parte e dall’altra».

Il tema è divenuto “di massa” dopo l’uscita nel 2010 di un libro divulgativo molto fortunato, Terroni di Pino Aprile (che ha saluto non a caso con entusiasmo l’iniziativa del M5S). Il libro sintetizzava decenni di studi che erroneamente vengono tutti ricondotti alla matrice “neoborbonica”. Esiste una tradizione coeva addirittura al fenomeno in atto (nella figura del maddalonese Giacinto de’ Sivo, membro della Commissione per l’istruzione pubblica e consigliere d'Intendenza della provincia di Terra di Lavoro del Regno delle Due Sicilie). Il revisionismo risorgimentale ha avuto rappresentanti di altissimo profilo (da Gramsci a Gobetti) con le più varie matrici ideologiche».

Così una nota a firma di Nicola Sguera, consigliere comunale e portavoce del Movimento 5 Stelle. 
«Se posso permettermi un inciso autobiografico, cresciuto nell’agiografia risorgimentale, che ha rimosso le lacrime e il sangue del Sud nel processo unitario, nel corso degli anni e nello svolgimento del mio mestiere di insegnante, ho scoperto quasi contemporaneamente un “pensiero meridiano” (grazie all’opera di Franco Cassano), una letteratura del Sud (grazie al Centro di Documentazione di Poesia del Sud) e un altro Risorgimento che somiglia più ad una guerra di conquista che ad un’epopea. In un articolo del 1920 Antonio Gramsci scriveva: «Fino all’avvento della Sinistra al potere, Lo stato italiano ha dato il suffragio solo alla classe proprietaria, è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di “briganti”».

Come docente di storia, prima che come attivista politico, mi sento di dire che i tempi sono maturi perché i nostri giovani, esattamente come fanno il 27 gennaio e il 10 febbraio, non solo familiarizzino con una grande questione storica ma esercitino anche, sotto la guida dei loro docenti, gli strumenti della comprensione di un oggetto “caldo”, confrontando interpretazioni tra loro confliggenti, maturando in questo modo la consapevolezza che la storia è sempre storia contemporanea che ci appella, e ci costringe a fare delle scelte, ad essere, per citare sempre Gramsci, “partigiani”».