di Luciano Trapanese
Hanno smesso da un po' di dire che le mafie sono una questione meridionale. Ma si continua a pensare a un sud stretto nella morsa della malavita organizzata rispetto a un nord capace comunque di reagire. Forse perché magicamente dotato di anticorpi. O perché in grado di arginare un fenomeno visto sempre come esterno, d'importazione. Che non appartiene a quel territorio.
Naturalmente è un discorso sbagliato. Da suprematisti del nord. Del resto, qualche anno fa Maroni e la Lega (ma non solo), si indignarono con Saviano che aveva parlato delle infiltrazioni mafiose in Lombardia. Una indignazione che finì il giorno degli arresti. E il coinvolgimento di qualche amministratore del Carroccio.
Ora sono i magistrati, all'apertura dell'anno giudiziario, a parlare di «Torino assediata dal crimine organizzato», di «Milano e le gravi infiltrazioni negli appalti dell'Expo di camorra, 'ndrangheta e mafia», di «Roma nelle mani dei clan».
La novità è il Piemonte (di Lombardia e Nord-Est si sapeva). Gli inquirenti confermano l'esistenza di «potenti e incontrastate cellule malavitose ben inserite nel tessuto economico e sociale». Ma non solo. «Di un elevato numero di affiliati e compiacenti esponenti del mondo economico, del mondo politico e della pubblica amministrazione».
E infine, di «chiari coinvolgimenti di spavaldi criminali nella realizzazione di grandi opere, con riferimento a rilevanti progetti per la ristrutturazione di importanti edifici a Torino e altre città».
C'è una sola grande differenza tra Sud e Nord. Nel Meridione le mafie intimidiscono. Usano la forza e le minacce. Nelle regioni settentrionali c'è l'arma più sofisticata della corruzione. Che evidentemente funziona.
Oltretutto, in tempo di crisi, il già disastrato Mezzogiorno non garantisce un funzionale riciclaggio di denaro sporco. I proventi del traffico di droga (e di altre attività criminali), viene investito soprattutto altrove. Nel Nord appunto. Andando a intaccare profondamente anche il tessuto economico di quelle zone.
Basteranno le considerazioni della magistratura, le operazioni delle forze dell'ordine, a imporre uno sguardo diverso sulla lotta alle mafie? Si riuscirà a comprendere che non è una questione che riguarda solo una parte del Paese (la più disastrata), ma l'intera nazione?
Per anni s'è preferito chiudere gli occhi. Anche di fronte a fatti evidenti. Tutti sapevano degli investimenti della malavita organizzata in tante attività imprenditoriali del nord. Delle ditte in odore di mafia, camorra o 'ndrangheta interessate agli appalti pubblici. Qualche comune è stato anche sciolto per infiltrazioni malavitose (proprio come altri comuni del Mezzogiorno). Eppure il crimine organizzato è stato sempre sentito come una faccenda meridionale.
Cambia forse il sistema, non le finalità. E si vuole davvero immaginare che il fiume di droga che scorre nel nord non sia un affare mafioso?
Ma se la camorra ha investito in Irlanda, la 'ndrangheta in Germania, la mafia negli Usa, in Canada e chissà dove ancora, c'era qualche ingenuo che non sospettava stesse accadendo anche di peggio nel “laborioso” nord del Paese?
Le patenti di immunità sono sempre fuorvianti. E nella crisi economica in corso le mafie – che hanno sempre abbondanza di denaro da investire -, hanno un peso economico rilevantissimo. Investono lì dove possono riciclare meglio. Non certo al Sud.