Poco più di una settantina di pagine per ribadire le proprie convinzioni e contestare, in molti passaggi con accenti pesantemente critici, le conclusioni del gip Flavio Cusani; il suo no, per insussistenza dei gravi indizi, alla richiesta della Procura di ordinare la custodia cautelare in carcere per Daniel, 22 anni, e Cristina Ciocan, 31 anni, i due fratelli rumeni coinvolti nell'inchiesta sulla terribile fine di Maria, 9 anni, anch'ella rumena, rinvenuta senza vita il 19 giugno dello scorso anno, morta annegata, nella piscina di un casale a San Salvatore Telesino. Per Daniel le ipotesi di reato di omicidio e violenza sessuale, per la sorella il concorso nella prima. Settanta pagine che riempiono l'appello presentato al Riesame – udienza fissata per il 16 febbraio – ,che dovrà decidere se confermare il provvedimento del dottore Cusani – che ne aveva già firmato un altro dello stesso tenore a metà luglio 2016- o accogliere le argomentazioni del Procuratore aggiunto Giovanni Conzo e del sostituto Maria Scamarcio, che hanno diretto le indagini dei carabinieri. Per gli inquirenti, la sera del 19 giugno Maria, di cui Daniel avrebbe abusato in più occasioni, sarebbe stata condotta in auto nella struttura, svestita e gettata in acqua. Un delitto al quale avrebbe contribuito Cristina, commesso perchè Daniel temeva che la piccola raccontasse le 'attenzioni' che lui le avrebbe riservato. Accuse alle quali i due indagati, difesi dagli avvocati Giuseppe Maturo e Salvatore Verrillo, si sono sempre detti del tutto estranei. A loro carico un quadro indiziario che il giudice ha ritenuto non connotato dalla gravità necessaria ad applicare una misura cautelare in un'indagine i cui atti sono ora a disposizione delle parti. Come è noto, i genitori di Maria sono assistiti dall'avvocato Fabrizio Gallo e si avvalgono della criminologa Roberta Bruzzone, mentre la difesa, supportata dalla criminologa Ursula Franco, ha individuato come propri consulenti il professore Fernando Panarese ed il dottore Vincenzo Migliorelli.
Quali sono i punti di dissenso?
L'orario della morte. Secondo la Procura è avvenuta tra le 20.38 e le 21.02; a parere del gip, invece, non prima delle 21.15, e comunque non oltre le 23.15. Dati desunti anche dalle conclusioni dell'autopsia curata dal professore Claudio Buccelli e dal medico legale Monica Fonzo, con particolare riferimento ai tempi di digestione di una piadina consumata dalla piccola prima di uscire nuovamente dall'abitazione. A che ora? Non prima delle 20.15, afferma il giudice richiamando le parole di alcuni testimoni che avevano sostenuto di averla vista dirigersi alle 20.40- 20.45 verso il centro di piazza Nazionale e, intorno alle 20.30- 20.40 incamminarsi in direzione di un ristorante. Due luoghi che si trovano, rispetto alla casa della bimba, in direzione diametralmente opposta dalla zona del resort. Un avvistamento che non sarebbe stato approfondito attraverso il riscontro di chi era in compagnia di una teste e delle persone che affollavano piazza Nazionale. “Nessuno ha sentito il dovere di avvertire carabinieri e Pm, inspiegabile il muro di omertà che si è alzato nella piccola comunità di San Salvatore a difesa degli autori dell'efferato delitto”, ha scritto Cusani.
Di diverso avviso la Procura, che ritiene, sulla scorta di più testimonianze, che la bimba abbia lasciato in precedenza l'appartamento dei genitori perchè tra le 20.15 e le 20.20 era stata notata mentre percorreva la strada che dalla chiesa conduce a piazza Pacelli.
Modalità dell'azione omicidiaria. Maria aveva paura dell'acqua, mai si sarebbe immersa volontariamente in una serata con pessime condizioni meteo. E se anche fosse caduta nella piscina, le sarebbe bastato alzarsi sulla punta dei piedi per respirare. Era alta 1.45 centimetri, 10 in più della profondità massima – al centro – della vasca. Dunque, argomenta la Procura, è stata spinta in acqua. Non presentava chiari e importanti segni di sopraffazione, ma le ecchimosi alle pieghe dei gomiti, restituita dalle foto, attestano, contrariamente alle valutazioni, prudenti, dei consulenti, i segni della presa della vittima da parte dei suoi aggressori. Lesioni che il gip, d'accordo con gli stessi consulenti del Pm, non rinviene osservando le foto, sottolineando che qualsiasi persona che abbia paura dell'acqua, per istinto di sopravvivenza di fronte a chi tenta di annegarla, anche se conosciuto e fidato, reagisce con tutte le sue forze e con ogni mezzo a sua disposizione. 1/ continua