Valva

 

Non si da pace il papà di Stefano Feniello al quale venerdì era stato detto che il figlio era tra i superstiti della tragedia dell'Hotel Rigopiano, spazzato via mercoledì da una slavina. Un equivoco, poi smentito dai fatti perchè di Stefano in realtà ancora non si sa nulla. Un equivoco però che sta distruggendo la famiglia Feniello, provata da attesa e illusioni.

Ieri pomeriggio Alessio Feniello si è lasciato andare alla rabbia “Se Stefano è morto faccio una strage”, avrebbe urlato davanti a tutti gli altri familiari in attesa di notizie, nell’aula magna dov’erano riuniti con i rappresentanti della Protezione civile. Una reazione dura che mostra tutta la tensione e lo stress accumulato in questi giorni.

Questa mattina un ulteriore sfogo davanti ai giornalisti. “Chi doveva preoccuparsi di loro? Erano pronti con le valigie per partire. Le istituzioni italiane? - ha continuato il padre di Stefano -. L'hotel non doveva stare aperto, andava evacuato mercoledì sera, mio figlio mi ha mandato un video in cui mi diceva che aveva chiesto al titolare dell'Hotel se fosse possibile per loro andare via o salire, gli hanno garantito il servizio, poi li hanno sequestrati. Sapevano che c'era in corso una nevicata eccezionale. Sono arrivato a 50 metri dall'Hotel volevo scavare io con le mie mani – continua Alessio Feniello - non me l'hanno permesso, avevo promesso a mio moglie che gli riportavo il figlio. Le autorità non si sono degnate di venirmi a smentire quello che mi avevano detto. La fidanzata di mio figlio ha detto che a due metri da lei c'era il suo ragazzo, vedeva il braccio, l'orologio che le ha regalato lei, lui si lamentava, non le ha mai risposto, poi ha smesso di lamentarsi.

La ragazza si è dovuta portare da sola alla buca dalla quale l'hanno salvata. Io ho chiesto poi ai soccorritori uno di voi è sceso in quel buco? Mi hanno detto che non lo sapevano. Mi dovevano dire siamo scesi – accusa Alessio Feniello - c'è un corpo ma non possiamo estrarlo, nessuno mi ha detto niente io queste cose le ho sapute ieri dalla ragazza di mio figlio”. Una disperazione che rompe la voce dell'uomo ormai stremato da giorni di conferme e smentite. “Finchè non lo vedo con gli occhi miei non perdo la speranza – ha continuato - nel 2017 non possono succedere queste cose. Mi dispiace che lì non c'ero io, - ha aggiunto stremato - volevo morire io al posto di mio figlio. Quelli che sono morti sono stati uccisi, non ho paura a dirlo, quelli che ora rientrano sono stati sequestrati contro il loro volere. Li hanno riuniti tutti come carne da macello, vicini al caminetto, aspettando che gli permettessero di partire”. Ho aspettato che qualcuno mi dicesse abbiamo dato un nome errato, invano”.

Sara Botte