"Giovanni Luongo girava sotto il peso dei tazebao artigianali e di quella profezia scagliata contro il male familiare e sociale."
Così lo ricorda la collega Barbara Ciarcia nipote di Luongo in un comunicato stampa inviatoci: "L'anziano professore di storia e filosofia originario di Torre le Nocelle ma residente ad Avellino ha viaggiato in lungo e in largo per diffondere il suo credo laico. Ha dormito come un clochard nelle stazioni del nord Italia e dell'Europa comunista con quei cartelloni che lo hanno reso famoso come i palloncini colorati che donava ai bambini. Dieci anni fa moriva in un letto d'ospedale a Prato in seguito a un intervento chirurgico al femore.
Dieci anni senza di lui, senza la sua voce aspra e ferma senza i suoi insegnamenti sferzanti che hanno accompagnato la gioventù di generazioni di irpini. La sua figura possente e dinoccolata, la sua favella forbita, lo hanno reso comunque immortale eppure Avellino, la sua amata Avellino (viveva nel popoloso quartiere di san Tommao) lo ha subito dimenticato e a oggi non gli ha intitolato nemmeno una via.
Lui che pure si è sforzato di indicare la retta via a genitori distratti e affaccendati, a figli disubbidienti e scalcagnati, a generazioni cresciute solo con troppi soldi in tasca e sempre meno sogni nel cassetto." Fin qui la lettera ricordo di Barbara Ciarcia. ( La foto è tratta da Avellinesi.it gentilmente concessa dal maestro Raffaele Della Pia).
Redazione