di Alessandro Trezza*
Era il 2013 quando Marco inizia a farsi di cocaina. Una striscia di polvere bianca che gli ha cambiato la vita.
«Era una sera d’estate, in compagnia di amici. Decidemmo di andare a ballare in un noto locale sulla costa salernitana. Mi piaceva andare a ballare, e mi piaceva fumare la marijuana – racconta -. Erano anni che fumavo spinelli. Ho iniziato da ragazzo, a 17 anni. Avevo tanti problemi familiari, oltre che scolastici. Spesso fumavo cinque canne al giorno. Ma in quel periodo era un continuo spegni e accendi.»
«Arrivammo in quel locale sobri. Ma già sapevamo che ne saremo usciti ubriachi e sballati. Come sempre. Ci siamo messi a bere e a fumare spinelli. Uno dopo l'altro. Una serata come tante – continua -. Erano quasi le due. Ricordo che ero strafatto. Avevo fumato parecchio, anche troppo. Un amico cacciò dal suo giubbotto un pezzo di carta. Dentro qualche grammo di polvere bianca. La sparse su uno di quei tavoli vetrati. Mi disse: ‘Prova!’. Non ci ho pensato due volte. Presi una banconota dal portafogli e la arrotolai. Ero soprattutto curioso. MI piaceva sperimentare. Sentire una nuova sensazione. Aspirai. Salì subito. Mi sembrò di avere la vista annebbiata, ma era solo una sensazione. Mi alzai di scatto. Le gambe non mi ressero. Caddi a terra. Il cuore batteva forte. Sentivo forte le onde del mare infrangersi sugli scogli. Avevo caldo, sudavo. Mi sentivo bene. Qualche ora dopo l'effetto è svanito. Alle quattro del mattino siamo tornati a casa. A guidare era un mio amico. Per fortuna c'era poca gente per strada. Mi svegliai tardi. Accanto a me c’era mia madre, compagna di tante disavvenute. Era pallida, io stordito. Credevo avesse capito tutto, che mi avrebbe fatto una scenata. Invece no, stranamente. Credeva avessi bevuto troppo. Tirai un sospiro di sollievo. Non volevo causarle altro dolore. Già ne aveva subito abbastanza negli anni precedenti.»
«Confesso il risveglio da quella prima sniffata era stato assai sgradevole. Eppure quella sensazione non mi impedì do desiderarlo ancora. Ero impaziente di riprovare quella sensazione, e magari – questa volta – godermela - confessa Marco -. Il giorno dopo uscii di nuovo con i miei amici. Andammo a mangiare qualcosa e subito dopo ci rifugiammo nel “nostro posto”, quello dove ci sballavamo fino a tarda notte.»
«La storia si è ripetuta. Appoggiai la striscia di coca. Presi una banconota e tirai tutto. È una sensazione inspiegabile, quasi un’esplosione di gioia. Ti viene voglia di fare, dire, muoverti. Quella volta l'ho goduta in pieno. Mi faceva stare bene. Se avevo dei problemi, li accantonavo. Tutto era superabile. Tutto era positivo. Era quello di cui avevo bisogno. Sapevo che non era la soluzione. Ma cercavo solo quello, una briciola di felicita dalla mia vita. E quello era un modo. Semplice, facile, non impegnativo. Non sono fiero di quello che ho fatto, ma se ci ripenso, probabilmente lo rifarei.»
E così dal quel giorno tutto è iniziato a cambiare per Marco. Pian piano sono diventato un tossicodipendente.
«Da quella sera la cocaina è diventata una parte rilevante della mia vita quotidiana. Iniziai ad acquistarla. Spendevo molto. Non davo peso ai soldi, avevo bisogno di sniffare. Raramente ne rimanevo sprovvisto, ma quando accadeva stavo male. Male davvero. In quel periodo ero molto nervoso. Mia mamma ripeteva continuamente: ‘Ti vedo strano, è successo qualcosa?’. Credo che in fondo avesse capito, ma non voleva crederci. Forse, chissà, non aveva il coraggio di affrontare quella situazione. E neanche io avevo il coraggio di parlarne.»
La vita di Marco è andata avanti così per due anni.
«Sono stati due anni di pura incoscienza. Sì, incoscienza è il termine giusto. Ero assolutamente consapevole di ciò che facevo, ma non capivo fino in fondo quello che mi stava provocando l'abuso di cocaina. Mi piaceva guardare solo il lato positivo. Quando la sniffavo sì, stavo bene, ma poi tutto ritornava nero, peggio di prima. Mia madre era sempre in ansia. Non dormiva, aspettava che io tornassi. O meglio, aspettava per controllare che io tornassi sano e salvo. I miei amici iniziarono ad allontanarmi. Anche loro erano consumatori frequenti di droga, ma non la vivevano con la mia stessa ansia. Ero diventato incontrollabile, bastava un niente per farmi alterare. Alla fine ho litigato con tutti.»
Poi, lentamente è arrivata la svolta: «Sono sei mesi che ho diminuito il consumo di cocaina. Ho capito che lòa vita deve avere un senso. Ho aperto gli occhi e visto tante persone che soffrivano per colpa mia. Mamma prima di tutto. Lei non sa quanto io le sia riconoscente per non avermi fatto pesare la situazione. Sono pentito di averla fatta dannare. La amo più della mia stessa vita. Adesso mi capita di consumare droga solo quando vado alle feste. Capisco che può sembrare stupido il fatto di aver solo diminuito e non eliminato la cocaina , ma non è così facile. Quando vedo la coca mi sale uno stimolo incontrollabile e succede poi quel che succede. Ma nonostante tutto sono fiero di me stesso perché ho già fatto un grande passo avanti. Adesso il mio carattere è stabile. Sono in grado di stare con altre persone. Non sono più schiavo.»
Oggi Marco ha fatto grandi passi in avanti. Ma non riesce a controllarsi del tutto Eppure ha una convinzione, forse sbagliata.
«Non ho bisogno di farmi aiutare da persone che mi considerano un criminale. So già di essere un tossicodipendente. Non voglio essere etichettato dalla gente. Questo problema lo risolverò da solo. Lo devo fare per me stesso. E per mia mamma. Lo so che ce la farò».
*Studente del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola lavoro