Benevento

di Mariateresa De Lucia

Bauman insegnò il coraggio a Benevento. Mentre il mondo piange la scomparsa di uno dei più importanti pensatori del nostro tempo torna alla mente la sua lezione in città.
Era il 24 febbraio 2016 e il filoso polacco fu ospite al Teatro Massimo. Ecco l'articolo pubblicato in quella occasione da Ottopagine.it

***

Usare i vestiti finché resistono, non cancellare da facebook 'gli amici' con i quali non siamo d'accordo e non fidarsi dei “si dice”.
Tre passi verso il coraggio indicati da Zygmunt Bauman che, in città per il Secondo Festival Filosofico del Sannio, ha tracciato un ritratto sincero del nostro tempo e ne ha indicato i rischi più grandi. L'esempio da seguire, per il sociologo polacco teorizzatore della 'società liquida, è quello di Papa Francesco che ha dimostrato di essere coraggioso sin dalla prima volta che si è raccontato.

 

Una grande occasione, promossa dall'associazione Stregati da Sophia, inaugurata dai saluti della presidente Carmela D'Aronzo e del rettore dell'Ateneo del Sannio, Filippo De Rossi.
Una lezione sul coraggio che “è importantissimo come l'arte o il pane ma che non si compra al supermercato. Dobbiamo trovarlo dentro di noi”.
Bauman gioca a carte scoperte ma conquista il pubblico come in una partita di poker di poker in cui il bluff è dietro l'angolo.

 

«La questione non è capire chi è coraggioso e chi non lo è bensì comprendere che in ognuno di noi coesistono paura e coraggio».
L'analisi del filosofo comincia sulle tesi di grandi personaggi: da Nelson Mandela “Ho imparato che il coraggio non è la mancanza di paura, ma la vittoria sulla paura. L'uomo coraggioso non è colui che non prova paura ma colui che riesce a controllarla” ad Harper Lee “Volevo che tu imparassi una cosa da lei: volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta si vince”.

 

Sceglie come punto fermo che: «è molto importante non vergognarsi di avere paura o di non avere abbastanza coraggio, perché sono segnali dell'evoluzione umana, importanti e preziosi alleati che ci avvertono del pericolo».
Chiarisce che non si tratta di sensazioni piacevoli o facili da superare e si affida a Winston Churchill “Il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare; il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare”. Poi chiama a testimone Albert Camus “L'unico vero progresso sta nell'imparare a sbagliare da soli”.

Individua con sicurezza il grande buio nell'incertezza: «Non esiste la sicurezza di fare la cosa giusta e tanto più grande è il passo che si sta facendo, tanto più grande è la paura. Ma è fondamentale prendere consapevolezza di quello che facciamo. Non avere paura è l'unico lusso che non ci è concesso».


A dar forza alla tesi chiama Roosevelt “L'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura”.

Ma l'uomo che non si arrende trova strumenti per mitigare paura e l' ansia di commettere errori. «Una delle prime medicine – spiega Bauman – è il conformismo. Basta guardare gli altri, la tv, internet... è il modo in cui molti vivono, affidandosi al “si dice” che ci toglie responsabilità e dà la colpa alle masse».
Il “così fan tutti” diviene una filosofia di vita che nasconde la mancanza di volontà e di coraggio. La condivisione di un'idea da parte di un gruppo numeroso basta perché possa essere considerata una certezza. Ma Bauman squarcia il velo indicando la storia del ventesimo secolo e gli errori commessi con l'approvazione di tutti.

 

«L'idea popolare che nasce per nascondersi dalla mancanza di coraggio e quella che possiamo chiamare moda. Un'invenzione molto ingegnosa che concilia due desideri che ognuno di noi ha: l'appartenenza ad un gruppo e l'affermazione di sé». Un inganno perverso, un'imposizione che «si segue ma con l'impressione di vivere assecondando i propri desideri e con l'idea di fare quello che si vuole. La moda permette una combinazione unica: sentirci coraggiosi avendo poco coraggio. Mette insieme due cose apparentemente incompatibili: siamo parte della massa sentendoci individui».

A complicare la situazione arriva il mondo policentrico e pluralistico del web «per la prima volta nella storia ci troviamo a vivere nel tempo e nello spazio immediatamente. Tutti abbiamo la sensazione di poter entrare sulla scena pubblica. Il 'si dice' che prima era espressione di persone reali e vicine, che rappresentavano un ruolo, vive di questa nuova influenza».

 

Le scelte si trasformano in un'infinità, arrivano dal web che non solo non riduce la paura ma l'accresce. La possibilità di escludere dalla nostra “confort zone” on line tutto quello che non ci piace ci permette la creazione di un modo in cui «tutto quello che vediamo è il nostro riflesso, tutto quello che sentiamo l'eco della nostra voce e non c'è nessuno realmente».
Un mondo sicuro e confortevole che però non ci aiuta a superare le paure ma le nasconde solo sotto al tappeto».
 

E' questa, per Bauman, la situazione di maggior pericolo. Una situazione che non è visibile nell'immediato ma che si ripercuoterà sulla nostra vita rendendoci “disarmati di fronte alle difficoltà, incapaci di affrontare la realtà, chi la pensa diversamente».

L'esempio da seguire per Bauman è quello di Papa Francesco. «Per la sua prima intervista – racconta – ha scelto Eugenio Scalfari e la Repubblica. Un giornalista ateo e un giornale anticlericale. Ecco come si fa a mostrare la strada: attraverso l'esempio. Tutti dobbiamo essere in grado di scegliere tra la strada più facile e quella più difficile. Solo la seconda ci aiuterà ad affrontare e superare le paure e ad imparare ad avere coraggio. Lo stiamo perdendo di vista ed è il pericolo più grande che corriamo in questo momento».