Avellino

 

di Andrea Fantucchio

«Ieri sera avevamo mangiato insieme la pizza. E fumato una sigaretta. Lo facevamo sempre: fumare insieme e parlare. Lui aveva più freddo. Gli ho anche prestato il cappotto. E' lì a terra. Stamattina il suo corpo era gelido. L'ho toccato più volte. Angelo, Angelo - gli dicevo - ma non rispondeva. Era già morto». Sergio ci racconta dell'ultima sera trascorsa con Angelo. Il quarantatreenne trovato morto questa mattina nel Mercatone. (Clicca sulla foto di copertina. E guarda il servizio di Ottochannel e Ottopagine con l'intervista a Sergio)

Angelo e Sergio erano inseparabili. Il loro rapporto era più che amicizia. Si trattava di un patto per sopravvivere. Due marinai che si trovano su una barca sballottata dalla medesima tempesta. Sventura diverse, un unico epilogo: vivere per strada. Dove capita. All'addiaccio. Senza lavoro. Cercando di racimolare l'indispensabile per campare.

Non rubavano o chiedevano l'elemosina. Sopravvivevano. Entrambi italiani. Angelo ha lasciato anche una moglie e tre figli.

Racconta Sergio: «Abbiamo chiesto più volte aiuto. Anche al Comune. Chiedevamo un rifugio temporaneo. Magari un lavoro. Lo sapevano in che condizioni vivevamo. Sono anche venuti qui qualche mese fa. Non ci hanno mai ascoltato».

Richiesta d'aiuto caduta nel vuoto. Sergio e Angelo erano gli invisibili. O meglio, quelli che si vedono e che si ignorano volontariamente. Perché è meglio tenerli confinati in quell'ombra che nessuno guarda. In quell'universo altro che noti solo quando esplode frantumando l'accogliente vetro della tua normalità. Lo aveva fatto anche il Comune. L'ultimo sopralluogo qualche mese fa. Si parlava sempre di una riqualificazione del Mercatone. Sergio e Angelo erano lì anche allora. Vivevano in quelle topaie come oggi.

I due "condividevano" quell'abitazione di (s)fortuna con Virgilio, un giovane rumeno. Lui è il più sconvolto: piange e non spiccica una parola.

Continua Sergio: «Erano giorni che Angelo era strano. Più magro. Mangiava a fatica. Più volte gli ho detto mangia qualcosa che ti fa bene. Ma niente, lui si era lasciato andare. E non voleva tornare a casa. Aveva scelto di vivere così».

E qui era stato abbandonato. Ci siamo venuti tante volte. Vi abbiamo fatto vedere cosa c'è proprio in centro città. Come si “vive” da queste parti.

Abbiamo guardato il loro bagno. Un letto sul quale defecano e urinano. All'aperto anche d'inverno. Abbiamo fotografato il loro letto: un materasso scassato abbandonato fra muffa e puzza di rancido.

Un buco sovraccarico di quelli che altrove si chiamano rifiuti. Qui si tratta dell'unica salvezza contro il freddo: giornali, cartoni, riviste. E a terra il pavimento incrostato. Per compagno un cagnolino.

Chi vi scrive ha anche un ricordo vivido.

Chi abitava prima nel Mercatone aveva portato qui degli elettrodomestici. Un frigo e un stufa elettrica. Ovviamente inutili. Non c'è un allaccio elettrico da questi parti. Eppure quegli uomini si ostinavano.

Portare lì quegli oggetti era forse un tentativo di ricostruire un ambiente domestico. Magari quello che un tempo possedevano e che ora non hanno più.

Non lo sapremo mai. Sergio non ha più voglia di parlare. Si accende una sigaretta. Questa volta non c'è Angelo accanto a lui. Intanto siamo costretti a raccontare il fallimento del piano d'assistenza comunale. Ammesso che ne esista uno. La morte di Angelo accende la luce su situazioni lasciate incancrenire nel tempo.

Antonio che dorme in macchina a settant'anni. Sergio e Vergilio che ora hanno bisogno di una sistemazione. E tutti quegli "ultimi" che abitano la città. Spesso volutamente ignorati. Dove sono le istituzioni che dovrebbero tutelare la loro dignità? Assenti o altrove. La morte di Angelo ce l'ha solo ricordato.