Avellino

La settimana santa ha visto il dolore per la morte di Cristo ma, contemporaneamente l’affaccendarsi della massaia tra la visita al sepolcro e i preparativi per i dolci pasquali. Molti paesi hanno celebrato la Passione in modo spettacolare, altri come Greci, conservano i riti propri importati da oltre il confine nazionale e cantano in chiesa, dopo la lunga processione tra i vicoli stretti e bui, la Kalimera, una nenia in arbereshe. Nella lunga ascesa verso la civiltà moderna, il binomio morte-resurrezione ha avuto sempre importanza primaria, ad esso è legata la speranza dell’uomo in ogni tempo, dalle prime embrionali forme di religiosità, alla complessa teologia del mondo cristiano.

 

I primi riti che celebrano la passione, la morte e la resurrezione sono legati alle divinità Tammuz della Siria, Attis della Frigia, Osiride dell’Egitto e Adone della Grecia. Tammuz moriva ogni anno per discendere sotto terra ma, a primavera, Istar, sua sposa o sorella, lo resuscitava risvegliando le forze rigenerative della natura, per questo era definito dio dell’agricoltura.

 

La versione frigia del mito di Attis riportata da Arnobio, racconta che questi nacque da Nana, dea della generazione, e morì per autoevirazione il giorno delle nozze, ma resuscitò a vita nuova il 25 marzo, inizio della letizia. In tale occasione i fedeli e i sacerdoti si flagellavano spargendo il loro sangue. La Catabasis celebrava la discesa del dio nel regno dei defunti ed era seguita da una veglia e da un digiuno che preparava gli adepti alla resurrezione. Macrobio Teodosio, nella Saturnalia, descrive il ciclo stagionale regolato dai movimenti apparenti del sole e interpreta il mito di Attis, paragonandolo a quello greco di Adone.

 

Secondo Ovidio, Adone era figlio incestuoso di re Ciniro e sua figlia Mirra, divenuto adulto s’innamorò di Afrodite ma Ares, trasformatosi in cinghiale, lo uccise. Sceso nell’Ade, fece innamorare Persefone; per intercessione della musa Calliope, gli fu concesso di trascorrere metà dell’anno nel regno dei morti e metà sulla terra con Afrodite. Anche Osiride, dio della vegetazione, subì una sua passione essendo stato ucciso e fatto a pezzi dal fratello Set, ma sua moglie, Iside, ricompose i pezzi e, con un grande atto d’amore, lo fece risorgere per avere da lui un erede.

 

Anche la Pasqua ebraica ha il significato di “Passar oltre” come il termine “Pesah” indica. Originariamente si trattava di riti di filiazione arcaica, solo in un secondo momento fu abbinato all’episodio biblico. Il nostro Cristo sostituisce, con il suo arrivo, gli antichi miti occupando, a pieno titolo, il trono del sole. Così scrive Franco Cardini: “ L’identificazione Cristo=Sole è uno dei topoi teologici che sono presenti in un arco di tempo amplissimo: dai riferimenti scritturali (“sol oriens ex alto” è Cristo stesso secondo Luca) fino alla tradizione letteraria medievale.”. Per quanto riguarda la rappresentazione dei “Misteri”, i primi commentabili con una certa esattezza, risalgono al periodo Attico nella Grecia antica, intorno al VI sec. a.C., erano riti incentrati sui valori religiosi e politici della polis.

 

Le rappresentazioni erano messe in scena durante gli agoni tragici che s’indicevano in occasione delle celebrazioni più importanti della polis: le Grandi Dionisiache, connesse al culto del dio Dioniso, ricorrevano tra marzo ed aprile e duravano sette giorni; le Lenee duravano tre o quattro giorni e cadevano tra gennaio e febbraio. Il teatro greco trovò favore in Italia grazie alle innumerevoli colonie insediate nel Meridione della penisola. L’Italia meridionale costiera e insulare, prevalentemente greca di lingua ed origine, metteva in scena le rappresentazioni patrie come segno d’identificazione culturale, i rapporti con le popolazioni appenniniche ne favorirono la diffusione.

 

La tragedia fu il filone più fortunato sicuramente perché legato a un processo mimetico in cui il pubblico si arrovellava e sublimava lo spirito in una sorta di catarsi, un’espiazione e purificazione che riabilitavano l’individuo verso la giustizia ed il prossimo. Anche Roma aveva i suoi riti molto più legati alla politica che ai sentimenti umani. La fine dell’Impero Romano e la nascita di una nuova cultura religiosa ancora non proprio definita apportò, nell’ordine sociale, totali mutamenti.

 

I primi secoli del cristianesimo navigarono in un mare d’assestamento che stentò a definire le precise direttive della specifica religione. Ma già nel IV secolo troviamo un corpus di riti atti alla storicizzazione e commemorazione annuale della Pasqua. In origine si metteva in scena tutta la vita di Gesù, poi, attraverso alterne vicende, si giunse alla estremizzazione e deterioramento del rito sacro. Pitrè spiega che, durante la rappresentazione del “Christus patiens” dramma dell’era volgare, i partecipanti trascendevano in scene degne dei baccanali. Tra il XVI e il XVII secolo, l’infierire delle lotte religiose causò un certo letargo a tali manifestazioni.

 

Nella nostra tradizione irpina, eredità meravigliosa sono i “Misteri Sacri” di Mirabella Eclano, una ricca collezione di statue in cartapesta realizzate da Antonio Russo. Oggi i “Misteri” sono ospitati, tutto l’anno, nel museo comunale di Mirabella ma, negli anni Cinquanta del secolo scorso, il venerdì santo venivano esposti in piazza attirando, nella cittadina eclanese, genti da tutto il territorio. I fedeli li adoravano e piangevano la morte di Cristo, realizzando, ancora una volta come nel teatro greco, la catarsi. Con l’animo terso ora si può affrontare la Pasqua e la rinascita interiore e del nuovo ciclo vitale.

di Gianluca Spera