di Gianni Vigoroso

Ha 62 anni, buona parte trascorsi in carcere sin da quando aveva 14 anni. Condannato all’ergastolo perché coinvolto in tre omicidi. Oggi dopo un cammino di rieducazione che lo ha portato a pentirsi scrive su giornali e riviste, oltre ad essere autore di libri e saggi.

Lui è Vincenzo Andraous, uomo dal passato burrascoso, violento, efferato, oggi educatore in una comunità per ragazzi contro le dipendenze.

E’ suo il pensiero di sul Natale che riceviamo e pubblichiamo, dal titolo: "Natale dei solchi e della speranza".

 

In questo Natale potremmo provare a sentirci Musulmani, Ebrei, Cristiani, nel senso di scambiarci reciprocamente i solchi che ci dividono e allontanano, fino a renderci nemici. 

Scambiarci pene e gioie, amori e paure, fino a sentire al fondo della carne e al centro del cuore, il bisogno di conoscere per intero il peso della storia, nella necessità di non chiudere il proprio uscio. Scambiarci le nostre storie personali, le nostre interiorità, che non sanno solo di amaro e non stanno disegnate in piramidali fatti a misura da utopisti e manipolatori di coscienze.          

Questo Natale perché non provare a innalzarlo a un giorno da ricordare, dove incontrare pezzi di noi stessi sparsi all’intorno, per toccare con mano ferma e non soltanto caritatevole l’urgenza di un ripensamento culturale, che induca non solo a richiedere il castigo per chi infrange la legge, ma riconosca il valore della riconciliazione, della ricomposizione, attraverso un’attenzione sensibile, che non è accudente, ma accompagna nelle proprie responsabilità e nei propri intendimenti di ritornare ad essere uomini nuovi.

Un Natale a misura di uomo per comprendere l’esigenza di giustizia di chi ha subito come di chi subisce affinché una Giustizia equa favorisca davvero la nascita di uomini equi.             

In questo Natale proviamo veramente a pregare per un Bimbo che nasce e che vorremmo incontrare all’angolo di ogni strada buia. Un Bimbo che non ha cittadinanze imposte, ma si espande dal principio alla fine per essere “insieme” in un NOI che non volge le spalle alla preghiera che ascolta, ma scopre nuove energie a cui fare ricorso per non ingannarci tra relativismo etico e fede vinta ai tavoli da gioco.

Il Bimbo nasce e noi siamo in corsa, con il respiro pesante per le tante cose da fare, siamo preda della pazienza della disperazione.                              

E’ Natale, forse essere più buoni, sta a significare che non sono sufficienti i diplomi né i corsi brevi per raggiungere quella dimensione che questa festa ci dona, consentendo a tutti una laurea assai più ambita, quella della pazienza della speranza.