Un’accesa discussione. Una porta che sbatte.
«Appena avrò 18 anni me ne andrò di qua!»
La frase finale.
Quella che chiude la discussione.
Da una parte un figlio che sta crescendo, che pretende libertà.
Dall’altro un genitore ferito, tradito. Messo sotto accusa. Magari solo per una decisione. Una decisione non condivisa dal figlio.
Capita durante l’adolescenza. Scontri inevitabili. Con una minaccia ricorrente: a 18 anni vado via.
E noi quante volte l’abbiamo pronunciata?
Sicuramente non pochissime. Diverse saranno state le volte in cui abbiamo chiesto di essere indipendenti. Diverse saranno state le volte in cui ci è capitato litigare con i nostri genitori perché poco permissivi. Diverse saranno state le volte in cui ci siamo sentiti incompresi. Diverse saranno state le volte in cui li abbiamo desiderati più al passo con i tempi.
Ma è questo quello che devono “sopportare” i figli. Devono sopportare che da una generazione all’altra le idee possano cambiare e così i modi di pensare. E non sempre i genitori si adeguano ai tempi. Non sempre i genitori ci capiranno. A tutti è capitato. Anche a me.
Ricordo come fosse ieri tutte le volte in cui li ho minacciati: vado via appena compiuti i 18 anni. Ricordo ancora le discussioni che mi spingevano a pronunciare quella frase. E ricordo ancora lo sguardo ferito di mia madre. Lo sguardo di un genitore che ti ha cresciuta tra difficoltà e problemi. Di un genitore che lavora per non farti mancare nulla. Di un genitore che farebbe di tutto per renderti felice.
Eppure non ce ne rendiamo conto. Non ci accorgiamo di quanto i nostri genitori hanno fatto e facciano per noi.
Fin quando siamo nati hanno messo da parte la loro vita. Ci hanno resi “grandi” e responsabili e prima o poi arriverà il momento in cui ammetteranno che siamo cresciuti. Quel giorno ci lasceranno andare incontro al destino. Ma si sa: rimarranno sempre qui, a un passo da noi.
Quando sei arrabbiato non ci pensi. Non pensi al male che puoi fare. Io, poi, in passato ero abbastanza impulsiva e se rispondevo era per fare male, per colpire a mia volta chi mi aveva ferito.
Le volte in cui ho minacciato i miei genitori «basta, me ne vado», lo dicevo davvero. Anche se in fondo non lo sentivo.
A casa stavo e sto tutt’ora benissimo. Anzi quelle raccomandazioni in più erano solo dimostrazioni d’affetto. La mia voglia di crescere e di essere indipendente faceva sembrare le preoccupazioni dei miei genitori almeno eccessive. Ogni piccola discussione mi portava a pensare ai 18 anni come una vetta da raggiungere in fretta.
“A 18 anni avrei fatto tutto quello che volevo. Avrei avuto una casa tutta mia.» Fantasticavo.
Ma come si può essere indipendenti a 18 anni?
Ligabue in una canzone dice: «Quando hai solo 18 anni quante cose che non sai, quando hai solo 18 anni forse invece sai già tutto».
Quanta verità. Quante cose ancora dovrai fare. Quante esperienze ancora dovrai affrontare. È per questo che, nonostante l’età, a 18 anni non sarai quasi mai indipendente.
È indipendente chi, a diciotto anni compiuti esce di casa con la propria valigia e va all’appuntamento col futuro. Facendosi carico delle proprie responsabilità. Creando la propria vita partendo da zero. Rinunciando a qualsiasi tipo di aiuto e provvedendo da sé a mantenersi. Una cosa difficile, soprattutto se hai appena 18 anni. A quell'età molti vanno ancora a scuola.
Io oggi non ho ancora 18 anni. Non mi reputo grande. Ne ho 17 di anni e chiedo scusa a mia madre per le volte in cui non l’ho ascoltata, per le volte in cui ho fatto di testa mia, per le volte in cui l’ho accusata ingiustamente. Erano motivi futili quelli per cui litigavo: non mi piaceva il fatto di dover dar conto a qualcuno per le mie azioni, volevo poter decidere per me, magari sbagliando, perché in fondo ero solo una ragazzina.
Oggi la ringrazio per essere stata sempre presente nella mia adolescenza. La ringrazio per non aver mollato mai. Per non farsi offendere dalle mie parole che, riconosco, a volte sono state brusche. È bello sapere che c’è, che posso contare sempre su di lei, perché una mamma non potrà fare altro che desiderare il bene di una figlia e una figlia non può che augurarsi un amore di mamma.
Giusi Puzo
(studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)