«Ero guarita. Inspiegabilmente. I medici non capivano. Di cellule tumorali nessuna traccia. Un miracolo della piccola Sara. Ne ero sicura».
Beh, quando la scienza non ha alcuna dimostrazione da dare, non rimangono altro che le spiegazioni dettate dall'alto. E lei, ne è la testimonianza.
Luana Cavazza, 43enne di Borgo Podgora. Miracolata.
«Tutto è iniziato due anni fa. Nel 2014. Sin da piccola, la cervicale mi ha causato problemi - racconta -. Avevo un ependimoma. E, come se non bastasse, la colonna cervicale si incurvò. La tortura fisica ebbe inizio».
Dolori. Dolori alla cervicale. Dolori alla schiena. Sempre più forti. Fino a diventare insopportabili. La situazione era diventata ingestibile. «Troppa sofferenza. Non ce la facevo più. Fu proprio la sofferenza che mi ha spinto a sottopormi a cure mediche», dice.
Settembre dello stesso anno. Ospedale Sant'Andrea di Roma. «Era un giovedì quando varcai la soglia dell'ospedale. Stetti lì tre giorni. Feci tutti i controlli necessari. Tutti, compresa la risonanza magnetica. Un qualcosa di tremendo. Tremendo perché il suo esito può cambiare tante cose. Non vedevo l'ora di ritornarmene a casa. A casa dai miei bimbi. Panico. Ansia. Paura. Paura del risultato. Non so per quale motivo ma un qualcosa mi turbava. Ma la speranza era sempre con me. Pregavo. Pregavo tanto - continua -. Sono sempre stata una persona religiosa. E tanto. Ho sempre riposto nella fede ogni mia preoccupazione. In particolare, sono devota a Padre Pio. Ebbene sì, è anche grazie a Lui se oggi sono qui a raccontare la mia storia».
Tra una preghiera e l'altra, il verdetto non tarda ad arrivare. «I tre giorni di permanenza in ospedale erano scaduti. Arrivato il sabato, ho un appuntamento allo studio medico. Il dottore doveva parlarmi urgentemente. Appena entrata, mi fece subito sedere», dichiara.
Gli atteggiamenti del medico fanno presagire tutt'altro che buone notizie. «Volto serio. Sguardo basso quello del dottore. Il clima diventò pesante. Il cuore mi batteva a mille. "Signora Cavazza, le devo parlare. Dalla risonanza è emersa una macchia a livello lombare. L'intervento di rimozione del pendimoma non si può fare. Dobbiamo fare un prelievo del midollo per verificare l'effettiva presenza del tumore". Rimasi impietrita. Non sapevo cosa dire, cosa pensare. Ritornai a casa con la consapevolezza di non voler più vivere», afferma.
I giorni passano. Giorni eterni. Eternità causata da fitte allucinanti alla schiena. Dolori atroci alla cervicale. Insomma, giorni difficili. Ma il momento tanto atteso arriva. Prelievo del midollo spinale. «Mi infilarono un ago nelle vertebre. L'operazione avvenne ben due volte poiché le mie vertebre erano leggermente schiacciate. Non lo auguro a nessuno. Nemmeno a un cane. Mai fatto un prelievo così. Straziante. Dolorosissimo. Atroce. Subdolo. Toglie il respiro. Chi più ne ha, più ne metta. Le sue conseguenze sono state un vero calvario. Vomito. Emicrania. Non riuscivo neanche a stare in piedi. E tanto dolore per cosa? Per scoprire che, probabilmente, a questo mio male non ci sarebbe stato alcun rimedio. Assurdo».
Voglia di vivere pari a zero. Il tempo scorre. Inesorabile. Il Natale è alle porte. «Ero spenta. Una donna distrutta. Moralmente e fisicamente. Senza ideali. Unica forza, i miei figli. Un vivere stentato. Un vivere tanto per vivere. Una vita passiva. Questa la mia routine. Di spirito natalizio non ne avevo nemmeno un po'. Eppure, sapevo che quel Dio in cui tanto avevo sperato non mi avrebbe abbandonato. E così è stato», conferma.
Otto dicembre. Immacolata Concezione. «Una mia amica mi invitò ad andare con lei a Gubbio. Un posto che mi ha cambiato la vita. In meglio, ovvio. Me l'ha cambiata radicalmente - continua -. Già, Gubbio ha a che fare con la mia religiosità. Lì si venera un angelo. Il mio angelo: la piccola Sara».
Sara Mariucci è morta all'età di nove anni. Prima di morire ha sognato "la mamma dai capelli blu". Sogno premonitore della sua ascesa al cielo. La signora apparsa in sogno non è altro che la Madonna Morena. Madonna dalla chioma blu, venerata in Bolivia. Dalla sua morte, numerosi gli avvenimenti strani. Guarigioni inspiegabili, a esempio. Chiunque andasse a pregare sulla sua tomba, lì a San Martino in Colle, acquistava una serenità inconcepibile. La stessa serenità avvertita da Luana.
«Io e la mia amica, andammo a pregare sia sulla tomba della bambina che nella chiesa a lei dedicata. Giunta al cimitero, scoppiai in lacrime. Un pianto di gioia. Un pianto al quale non sapevo dare un perché. So solo che, alla vista della foto di Sara, ho percepito una tranquillità mai avuta prima. Ero felice. Felice senza una spiegazione. Un'altra cosa mi colpì. Quello fu il primo giorno senza dolori. Anzi, stavo bene. Più che bene. Mi sentivo a casa. Da quel posto non volevo più andarmene. Un luogo idilliaco. Il paradiso terrestre. Pregai Sara. La pregai intensamente. Lei mi ascoltava, ne sono certa. Lei era là, accanto a me. Avvertivo la sua anima. Purtroppo, la sera dovetti ritornare al mio paese».
Presenza confermata, quella della piccola Sara. Conferma del dieci dicembre. Data della seconda risonanza. «Quel giorno avevo un ulteriore controllo. Controllo che avrebbe accertato la mia malattia. Stranamente, ero serena. Non avevo la solita ansia. Il mio angelo era con me - racconta -. La risonanza durò circa un'ora. Ma non me ne accorsi. Ero come immune da ogni sofferenza. Straordinario. Dopodiché, il medico mi comunicò il risultato. La macchia tumorale era scomparsa. Di cancro nessuna traccia. "Signora, lei è miracolata. La sua riabilitazione la scienza non la può spiegare. Lei è guarita completamente", mi disse».
Gioia. Gioia infinita. «Era stata Sara. Un miracolo. Sara aveva compiuto un miracolo. Le strane ma belle sensazioni provate in chiesa lo dimostrano. Sono stata fortunata. Lo sono tuttora. Dopo di me, ci sono stati anche altri casi di guarigione dovuti alla piccola di Gubbio. Casi studiati dalla chiesa. Uno studio meticoloso che portò alla beatificazione di Sara. Ebbene sì, oggi Sara è beata. La sua salma è stata traslata nella chiesa di San Martino in Colle», dice.
«La Chiesa, difatti, analizzò tutte le mie carte mediche. Tutti i miei risultati. E non c'era dubbio. Era avvenuto un miracolo. La mia improvvisa guarigione andava oltre i limiti della medicina. Dunque, il mio presentimento era reale. La fede non mi aveva abbandonata».
Da allora, per me, il giorno dell'Immacolata è un giorno sacro. Prezioso. E' un giorno dove il bisogno di stare con Sara si fa sentire ancora di più. E' per questo che mi reco lì. A baciare la sua tomba, a pregarla. A parlare con lei».
Questo non solo il giorno dell'annunciazione. «Io ho bisogno di Sara. Costantemente. Le dedico il mio tempo. Giorno dopo giorno. E ogni tre mesi la vado a trovare. Oltretutto, ho conosciuto i suoi genitori. Persone meravigliose. E meravigliose è dir poco. Genitori consapevoli della missione della propria bambina. Stare in cielo, accanto alla Mamma Celeste, e aiutare chi soffre - continua -. Dopo Sara, hanno avuto altri quattro figli. Sono da ammirare. Io e sua madre Anna ci sentiamo sempre. Ogni mattina mi manda un messaggio. E' un salmo particolare. E ogni volta è un continuo stupore. E' come se sapesse cosa sto vivendo in quel giorno, in quel momento. Spesso le chiedo "Anna, ma come sai che mi sta capitando questa cosa?". Lei puntualmente mi risponde "Luana, le vie del Signore sono infinite. Non sono io a conoscere determinate cose. E' Sara a illuminarmi da lassù, io sono solo un mezzo per arrivare a te". Tutto questo alimenta sempre di più la mia voglia di vivere. Di dare onore all'angelo di Gubbio con la mia testimonianza».
Oggi Luana è una donna piena di vita. L'intercessione di Sara l'ha cambiata. Radicalmente. E se prima di leggere la sua storia eravate scettici, ora lo sapete: i miracoli esistono.
Mariagrazia Mancuso
(studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)