Avellino

«Non mi rapporto ad Avellino come artista, ma la vivo come un cittadino, un lavoratore o chiunque altro». Questa è la prima cosa che mi ha detto Davide Brioschi, writer e artista di strada avellinese. Mi ha parlato di arte, Avellino e riqualificazione.
La città è degradata, lo sappiamo bene. Alcuni spazi addirittura abbandonati. Edifici e strutture a pezzi ricoprono ormai una sola funzione: ricordare cosa la città sta diventando. E come il decadimento se ne stia impossessando, mentre le istituzioni restano – paradossalmente - sempre più lontane.
Mercatone. Eliseo. Piazza Kennedy. Borgo Ferrovia.

Questi e tanti altri luoghi sono i simboli della “Capitale dello spreco”.
Parlando con Davide ci accorgiamo di quanto gli avellinesi, quelli carichi di passione, di voglia, abbiano solo desiderio di esprimere le loro potenzialità e, nel caso di questo writer, di trovare una tela, uno spazio, su cui intervenire.

Ma a volte lo spazio va creato e così nasce l’idea di un festival della street-art, o più semplicemente un festival dell’arte. Un modo per riportare bellezza, per comunicare la bellezza e non solo.
«Vedi, la street art è un modo per essere comunicativo con la stessa forza con la quale la comunicazione la subiamo attraverso media e social”», mi dice e penso a quante volte all’arte vengano detti dei “no” secchi e inappellabili, che non lasciano scampo e mi accorgo di come questo possa essere un modo per rispondere in qualche modo a quei “no”, ovunque siano perché un’altra cosa è significativa, mi dice Davide: «Non importa dove stai, importa portare un pensiero».
Mi racconta di alcuni suoi interventi, di alcuni suoi lavori, fatti ad Avellino e con gli occhi fieri e divertiti mi dice di come a Rione San Tommaso si fosse creata addirittura una piccola comunità che lo aiutava mentre disegnava o semplicemente osservava manifestando il proprio apprezzamento per quello che stava facendo.

Mi viene dunque spontaneo chiedergli se quello per lui fosse un intervento di riqualifica di quello spazio cittadino, pensando già a tutti gli altri posti, ad Avellino e provincia, dove quegli interventi farebbero bene. E la sua risposta è semplice, diretta, chiara: come la street-art.
«La street art non riqualifica – mi dice - ma crea un nuovo piano di comunicazione, può aiutare a far riflettere, a puntare i riflettori su una zona. Noi writers – continua- non avevamo idea di riqualificare, ci importava trasmettere un pensiero.»

Capisco che questo tipo di arte, ma a questo punto tutta l’arte, sia uno strumento importante, addirittura uno strumento politico, civile, di cui le istituzioni di qualunque città, da New York a Tokyo, potrebbero avvalersi, non per lucrare, ma per capire, porre gli occhi su quanto gli sfugge e per iniziare finalmente a dire “sì” all’arte. Anche ad Avellino.

«La street art non riqualifica, ma comunica”», e spesso può comunicare anche la cattiveria, la frustrazione che nasce quando si vive in un contesto fermo, che non capisce o dove non ci si sente capiti. Sia come artisti, sia come cittadini.
Capisco che abbiamo il compito di fermarci a pensare quali siano le “tele”, gli spazi abbandonati delle nostre città. Luoghi che hanno bisogno di essere illuminati, di essere mostrati per poi essere poi riqualificati.
Sarebbe bello e importante per Avellino in particolare, un festival della street-art. Questi artisti-esploratori potrebbero restituire bellezza e colore alla bruttezza e alla tristezza di una città che silenziosamente chiede aiuto.

E’ doveroso chiudere con una citazione di Davide che racchiude al massimo quanto detto.
«Negli ultimi anni vedendo l’evoluzione di quest’arte noto che la gente è così coinvolta emotivamente che quando vede un bel disegno le viene risvegliato un mondo ed è capace di riscoprire un nuovo mondo, una nuova capacità di sognare».

 

Pasquale Cuomo

(studente del vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)