In questo pezzo raccontiamo la storia della strega MenandraMinarda, che si dice essere stata un oracolo. Secondo la leggenda il paese di Grottaminarda si chiamerebbe così proprio dal nome della strega. La Baronia, così come il Beneventano, è storicamente zona di ianare. Il nostro Pasquale Cuomo ha ricostruito il mito raccontandolo con le parole che avrebbe pronunciato lei, la strega Minarda.
Un tuffo nel passato. Alle radici della nostra cultura. Buona lettura.
«Unguento unguento
portami al noce di Benevento
sopra l'acqua e sopra il vento
e sopra ogni altro maltempo.»
Ripeto ancora una volta la formula magica respirando l’aria umida della grotta. Chiudo gli occhi mentre annuso e inspiro il contenuto oleoso del mio piccolo recipiente di pietra. Foglie di noce, malli e qualche altra radice, non importano gli ingredienti. Importa la storia, importano le immagini. Fuoco e canti in latino, io ballo con Alcina, Boiarda e altre donne, altre streghe. Al centro un grande albero di noce a cui giungiamo il sabato notte, ne percepiamo la forza e l’energia e danziamo.
I segreti della natura ci sembrano solo storie infantili e nel momento della danza siamo solo noi a conoscere queste storie. Gli altri sono i bambini, agli altri, quando vengono a cercarmi, le racconto. Intingo due dita nell’unguento, mi sfioro il collo, il petto. Sospiro. Il noce non c’è più. E’ stato abbattuto e io sono ormai lontana molte leghe da lui, non riesco più a giungere verso la sua infinita sapienza. Non attingo più la sua forza, ma ricordo ancora tanti dei suoi segreti.
E’ sabato notte e io in questa grotta comincio un rituale magico per ricordare le storie da raccontare domani a uomini che in realtà sono bambini e come bambini chiedono. Sono nella mia grotta.
“La rott r Mnandr” o “Mnard”, così mi chiamano i contadini con la mani callose, il volto scavato e negli occhi un’espressione di reverenza e astio, perché sono una donna, perché arrivo dove non arrivano i loro sacerdoti.
Domani nella mia grotta arriveranno volti conosciuti, pastori che ritornano verso le terre pugliesi, viaggiatori e donne che nel grembo portano altri uomini destinati a rimanere bambini. Rievoco ancora una volta l’immagine dell’albero e mi metto a lavoro.
Infusi, erbe, radici accompagneranno le risposte che dovrò dare e il mio istinto dovrà aiutarmi a guidare gli uomini attraverso il loro futuro.
Ho sentito dire che mi chiamano “oracolo” ma io non parlo con gli dei, io non parlo degli dei. Io parlo della natura, l’unica certezza.
Ricordo ancora la notte in cui mi imbattei nelle streghe, nelle donne sapienti. Ero poco più di una bambina e il richiamo dei canti e delle danze mi spinse verso l’albero. Le donne, come se fosse la cosa più giusta, quella più ovvia, lasciarono che guardassi e che agissi. Il cielo e la terra si invertirono. Le braccia, le gambe, la testa erano leggere e le mie labbra sussurrarono “unguento unguento portami al noce di Benevento sopra l’acqua e sopra il vento”.
Volavo. Ero una strega. Ero stata una strega da sempre.
La stanchezza ha il sopravvento su di me, il ricordo dell’albero, del volo e della magia, mi dona una consapevolezza: senza il noce una strega è debole, destinata a spegnersi. Il noce da tempo non c’è più, mi resta solo questa grotta. La mia grotta.
Qui ci sono uomini e donne da proteggere, guidare e per la seconda volta nella mia vita comprendo tutto perfettamente. Prima compresi il passato, ora il futuro.
Risaliranno gli uomini dai campi, verranno a me, e sulla rott r Mnard edificheranno. Ma questo sarà il futuro.
Pasquale Cuomo
(studente del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)