Erano stati i residenti della zona a sollevare il caso, con tanto di esposto in procura per rimarcare come la zona nel tempo era diventata invivibile tra miasmi maleodoranti e altri disagi. Sono scattate le indagini e i sopralluoghi che hanno portato i Carabinieri del Noe di Salerno, agli ordini del Maggiore Giuseppe Ambrosone, ad Avellino, coadiuvati dai Carabinieri di Atripalda e Montefredane, ad apporre i sigilli di sequestro a una nota industria di conserve alimentari in scatola, in particolare pasta e legumi.
I sigilli sono scattati oggi in esecuzione del decreto del Gip del Tribunale di Avellino, Giovan Francesco Fiore, a conclusione dell'indagine che è stata direttamente coordinata dal Procuratore, Rosario Cantelmo, in coillaborazione con i sostituti Cecilia De Angelis e Roberto Patscot, della sezione reati ambientali dell'ufficio inquirente avellinese.
La Procura del capoluogo procede a carico del legale rappresentante della società di gestione dell’industria alimentare per le diverse violazioni emerse. Dovrà rispondere per diverse violazioni, in particolare, per il mancato rispetto delle prescrizioni autorizzative del Decreto della Regione Campania circa l’annotazione a registro dei controlli periodici annuali sulle emissioni in atmosfera per gli anni 2013-2014 e 2016. Ma non solo: avrebbe smaltito illecitamente sul suolo rifiuti speciali allo stato liquido, come i “fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti”. Nonché per aver scaricato nella rete fognaria gestita dal consorzio Asi, e con recapito finale nel corpo idrico superficiale Torrente Cardogneto, acque reflue industriali provenienti dal ciclo di lavorazione, in assenza della prescritta autorizzazione. Inoltre, il legale rappresentante dell’industria dovrà rispondere anche per la violazione dell’articolo 674 del codice penale per avere, nell’esercizio dell’attività aziendale, provocato illegalmente, e comunque oltre i limiti di tollerabilità, diffuse emissioni odorigene maleodoranti e nauseabonde, che hanno molestato gli abitanti delle zone limitrofe.
Come riportato nella nota inoltrata dai militari alla stampa, nel corso dei sopralluoghi all’attività industriale da parte degli investigatori e dei tecnici Arpac, sarebbero state accertate diverse anomalie tra le quali le esalazioni maleodoranti caratteristiche tipiche del processo della lavorazione dei legumi. Inoltre sarebbe stato verificato che nei pressi del depuratore aziendale era in atto il trascinamento dei fanghi del sedimentatore nel pozzetto fiscale dello scarico. Ed inoltre le vasche dell’impianto raggiungevano il limite della capienza, in particolare le acque reflue dalla vasca di ossidazione tracimavano direttamente sul terreno circostante.
All’interno di due pozzetti delle acque bianche di dilavamento dei piazzali sarebbero stati trovati flussi di acque di colorazione brunastra tipica delle acque di lavorazione che, mediante l’utilizzo di sostanza tracciante rilasciata all’interno del pozzetto in questione, sarebbe confluita mediante una tubazione interrata attraverso la rete fognaria Asi delle acque bianche, direttamente in corpo idrico superficiale quale il torrente Cardogneto, forse senza subire alcun trattamento depurativo.
«Durante la fase ispettiva veniva inoltre sarebbe stato riscontrato che all’attivazione di scarichi anomali di acque reflue di processo nelle rete delle acque meteoriche, si abbassava il livello dei reflui all’interno della vasca di ossidazione del depuratore e si interrompeva, di conseguenza, la tracimazione dei reflui sul suolo, laddove tale circostanza evidenziava che il depuratore, allo stato, non era in grado di trattare l’intero carico idraulico legato al ciclo di lavorazione in ingresso, con conseguente non corretta gestione dei reflui prodotti».
Il giudice per le Indagini preliminari ha accolto la richiesta del pm che per non consentire il protrarsi o l’aggravarsi del reato, e considerata la necessità che l’attività produttiva, soprattutto in un periodo di attuale grave recessione economica ed occupazionale, non venga interrotta, ha ritenuto di disporre il sequestro preventivo con facoltà d’uso. Ma a condizione che la società di gestione proceda entro novanta giorni ad attivare i procedimenti tecnici e amministrativi affinché l’attività possa essere espletata nel rispetto delle prescrizioni legali in materia di smaltimento dei rifiuti ed ottemperare alle prescrizioni ispettive dei tecnici dell’Arpac di Avellino e dei Carabinieri del N.O.E. di Salerno. Nello specifico, si dovranno rispettare le seguenti prescrizioni: sigillare immediatamente tutte le tubazioni di by-pass al trattamento dei reflui di processo di lavorazione, fare si che il carico idraulico immesso nel depuratore sia tale da garantire il trattamento depurativo nel rispetto dell’autorizzazione allo scarico, ed infine gestire il surplus dei reflui di lavorazione come rifiuto liquido.
L'intervento segue all'esposto del “Comitato Salviamo la Valle del Sabato” in relazione all’inquinamento ambientale causato dagli insediamenti del distretto industriale interessante i comuni di Avellino, Atripalda e Montefredane; tra l’altro, lo stesso GIP nel provvedimento di sequestro evidenzia che “visto l’esposto del Comitato Salviamo la Valle del Sabato dal quale emerge che gli abitanti della zona sono costretti da anni a vivere con cattivi odori, insetti, fumi e rumori insopportabili”, che “dalla relazione dei Carabinieri emerge che nei pressi dell’industria alimentare si avvertivano forti esalazioni maleodoranti e nauseabonde, miasmi di intensità tale da rendere irrespirabile l’aria”, che “viste le informazioni fornite dagli abitanti della zona dalle quali emergono le insopportabili condizioni di vita cui questi sono costretti, attese le insistenti e pregnanti esalazioni di odori nauseabondi e molesti” e che “tale procedimento penale è uno dei punti di approdo delle indagini condotte in relazione al fenomeno delle esalazioni lamentato dalla popolazione residente lungo la direttrice industriale Painodardine Arcella nei confronti dei complessi industriali ivi operanti”.