di Luciano Trapanese

Tutto un po' stucchevole. L'abbraccio perenne tra Renzi e De Luca (andato in scena anche ieri a Napoli). L'altrettanto perenne braccio di ferro tra De Luca e De Magistris. Gli insulti, anche quelli perenni, del sindaco di Napoli al premier (con tanto di indimenticabile gesto dell'ombrello: tiè). L'indifferenza esibita come uno schiaffo dello stesso presidente del consiglio nei confronti del primo cittadino partenopeo.

E poi: liti su liti. Dal porto all'aeroporto. Per finire agli addobbi per le feste, con il quasi comico confronto a chi li ha più luminosi: da una parte le Luci d'Artista (con inevitabili code polemiche). Dall'altra il mega albero napoletano (con altrettante inevitabili code polemiche).

Siamo ai limiti – se non oltre – del teatro dell'assurdo. Mentre la Regione annaspa. E Napoli deve risolvere problemi un po' più seri.

De Luca vuole accreditarsi come l'indomabile salvatore della Patria. Il signore che tutto vuole, tutto può e tutto ottiene. Ma Palazzo Santa Lucia non è Salerno. Non basta schioccare le dita per imporre i diktat. C'è una riconosciuta, potente e decennale palude politico burocratica che ha già fatto tante vittime illustri. E i rivali non sono solo gli ambientalisti e le spesso conseguenti inchieste giudiziarie.

De Magistris fa il sindaco ma guarda oltre. Lo racconta anche lo scontro senza quartiere con Renzi. E non è un mistero. Aspira a un ruolo di rilievo nazionale. Ha fiutato l'aria. C'è spazio per personaggi antisistema (e lui eletto senza il supporto dei partiti incarna alla perfezione quel ruolo). E c'è spazio – e molto – alla sinistra del Pd. Dove la minoranza democrat e Sel non riescono a coagulare un bel nulla. Anche perché nella percezione dell'opinione pubblica non indossano in modo credibile le stimmate dell'altro (non necessariamente nuovo), che avanza.

In tutto questo pastrocchio, la Campania resta dov'è. E con la Campania anche Napoli.

Si è passati senza batter ciglio dal prefiche piangenti del napolicentrismo, alle vedove inconsolabili per il nascente salernocentrismo. Da un presunto disequilibrio a un altro. Allegramente cianciando.

Ma siamo alle chiacchiere, appunto.

De Luca si era presentato con una visione di Regione affascinante e ambiziosa (pure troppo). Diventeremo questo, diventeremo quello. Ok, d'accordo: non si può fare tutto in un anno e mezzo. Ma lui – abile comunicatore – avrebbe dovuto almeno chiarire, e in modo credibile, che sì, la strada è lunga, ma è stata intrapresa.

Non ci sembra. L'impressione è sempre quella: il treno è fermo anche se ci raccontano che corre sui binari.

Si firmano, patti, accordi. Piovono miliardi. Ma qui – su base terra - nessuno se n'è accorto.

Vediamo solo queste scenette: coppiette in amore (Renzi – De Luca), innamorati furiosi (De Magistris), zitelle contegnose (il premier). E bambineschi confronti su chi ha l'albero che fa più luce.

Onestamente, la Campania e Napoli, meritano altre attenzioni. E meno parole al vento...