Avellino

di Mariagrazia Mancuso*

Mondo moderno. Un mondo nuovo che sembra quasi essersi dimenticato delle antiche tradizioni. I vecchi detti, le vecchie usanze. Fanno parte del nostro patrimonio culturale. E l'Irpinia, di patrimonio culturale ne ha da vendere. Un'eredità. Un'eredità che ognuno di noi ha il compito di custodire. Nel proprio cuore, nel proprio spirito irpino. Un'eredità rappresentata dalla musica. Quella popolare. Una forma di resistenza alla massificazione di una cultura che, pian piano, ha sostituito i costumi autentici.

Ancora meglio, è quando il folk incontra un genere moderno, il pop a esempio. Sta qui la chiave del vero successo. Un modo innovativo per diffondere tra i giovani i valori di un tempo.

Loro ci sono riusciti: i Molotov d'Irpinia. Gruppo irpino conosciuto nella zona. Un gruppo di sette ragazzi accomunati dalla passione e studio per la musica.

La voce solista è Antonio Modano, come seconda voce c'è Piero Buccella, Giuseppe Capobianco è il bassista mentre Giovanni Famiglietti e Andrea Saldutti sono i chitarristi, Pietro Giusto è alla batteria e Franco Zarrella suona il tamburello.

«Come per ogni cosa, o quasi, abbiamo iniziato per gioco, grazie alla voglia di stare insieme - raccontano -. Inizialmente la musica è stata l'antidoto alla noia paesana. Siamo quasi tutti di Villamaina, solo Andrea è di Castelfranci. Ma non amiamo specificare il nostro luogo di residenza. Siamo irpini. Conta solo questo».

Un semplice trasportarsi dell'amicizia sul palco. «Non c'è un giorno preciso in cui abbiamo deciso di essere quelli che siamo. Ci siamo conosciuti tra i banchi di scuola più di dieci anni fa e la passione per la musica ci unì - continuano -. E il nostro primo concerto fu proprio al liceo "De Sanctis" di Sant'Angelo dei Lombardi. Il nostro esordio come gruppo. Indimenticabile».

Dunque, un genere nuovo, almeno qui. Dalla musica popolare a quella leggera. Un incontro tra pop e uno ska tendente al folk. «E' uno stile musicale che ci identifica poiché i nostri concerti si basano su pezzi quasi tutti scritti da noi. Ed è soddisfacente, durante un concerto, notare che la gente sa a memoria i nostri brani. E' il nostro più grande successo. I nostri fan rendono uniche le esibizioni», affermano.

In occasione del debutto da dilettanti, nasce il nome del gruppo. «Alcuni studenti ci diedero l'appellativo di Molotov. Una metafora per indicare un'esplosione di musica e colori, proprio come il nostro logo attuale. Abbiamo conservato il nome cercando di cambiargli il significato. Difatti, nelle nostre zone, quando si sente parlare di molotov si pensa all'arma popolare. E invece noi vogliamo che la gente non si ricordi della guerra, bensì della musica - continuano -. A questa parola ci abbiamo aggiunto l'Irpinia, terra d'origine. Proprio come il nome di un vino. Nascono così i Molotov d'Irpinia», affermano.

Già, la guerra. Un tema ricorrente nei brani dei Molotov d'Irpinia. «Il tema di guerra caratterizza il nostro territorio per vari aspetti. Varie catastrofi. Basti pensare al terremoto degli anni Ottanta. Anche se, più che la guerra, sono i sentimenti che essa suscita a essere descritti. Non a caso, il nostro ultimo album parla della difficoltà d'amare sotto le bombe».

Il terzo e ultimo album si intitola "Padrone e sotto". «L'album descrive il mondo attuale. C'è chi ubbidisce e chi comanda. Chi comanda è il padrone e chi esegue sta sotto. Inoltre, "padrone e sotto" è un gioco di carte "alcolico" tipico dell'Italia meridionale. Al tavolo c'è chi beve e chi non lo fa. E noi nel disco parliamo di personaggi ai quali non offriamo da bere al nostro tavolo», dicono. «Sicuramente uno degli album più belli. Ricco di significato. Se gli togli la base musicale, rimane la poesia. E questo è magnifico. Progettato nell'inverno scorso e reso concreto nel gennaio del 2016. Lo abbiamo scritto e provato in campagna, sotto un ulivo. Mentre è sbocciato e fiorito al "Fonoprint" di Bologna, uno degli studi discografici più celebri d'Italia. Prima di noi, ci hanno lavorato grandi artisti come Zucchero e Laura Pausini. E' stata un'esperienza fondamentale per la band - continuano -. La presentazione del disco è avvenuta quest'estate al corso Vittorio Emanuele di Avellino. Quella sera c'erano più di tremila persone sotto il palco. Cantavano e ballavano come non mai. E' una cosa che porteremo sempre dentro».

Dieci anni di crescita, dieci anni di perfezionamento. Prova dopo prova, canzone dopo canzone arrivano risultati sempre più importanti. «A oggi abbiamo più di 18mila fan sulla nostra pagina Facebook. Tra l'altro, numerose sono state le collaborazioni con personaggi famosi - e iniziano a elencare -. Abbiamo collaborato con Luca Abete in un video di lancio del secondo disco "Se trovo lavoro ti sposo" (sulla crisi economica che caratterizza il nostro tempo), con Leslie la Penna e Angelo Maggi (doppiatori ufficiali di Brian Griffin e il commissario Wincestern dei Simpson), Ricky Portera (fondatore degli Stadio). E ancora, abbiamo aperto i concerti di Eugenio Bennato, James Senese, Enzo Avitabile», elencano fieri di sé stessi.

Insieme alle famose collaborazioni, la partecipazione a vari festival nazionali. «Abbiamo partecipato all' "Alcart Festival", una manifestazione contro le mafie ad Alcamo in Sicilia. Lo scorso anno in un teatro della Svizzera e al teatro "Carlo Gesualdo" di Avellino. Ma l'evento più importante è datato 2016. Quest'anno, infatti, abbiamo partecipato al "Poprock Festival" di Pescara e abbiamo ottenuto il primo posto nazionale in rappresentanza della Campania».

I concerti hanno uno scopo ben preciso: il divertimento. «Divertirci e far divertire. Questo il nostro obiettivo. Riflettere e far riflettere. Emozionarsi e far emozionare. E' uno scambio reciproco. I nostri fan imparano da noi così come noi impariamo da loro - continuano -. E' bello girare per i paesi, le città. Si scopre nuova gente, nuovi posti. Gustare prodotti tipici del posto. Ascoltare nuovi dialetti. Nuove zone», confermano.

Famosi in Irpino, ma non solo. Tuttavia, i Molotov volano alto con i piedi per terra. Sono umili. Ed è proprio l'umiltà a renderli dei grandi artisti. «Insomma, le nostre esibizioni ci insegnano sempre tanto. Esperienze musicali. In particolare, esperienze di vita».

La preparazione a un concerto è fondamentale. «Prima di ogni debutto c'è un'intensa fase di preparazione che prendiamo molto sul serio. E' decisiva per la qualità audio e visiva dell'intero concerto. Lo facciamo per chi assiste. Cho fa chilometri per poterci ascoltare. Deve trovare la miglior situazione possibile, e per questo siamo molto scrupolosi. Dopodiché ci rilassiamo e mangiamo».

Certo, è il durante a far emozionare. Sempre. «Nel corso dell'esibizione si avverte l'affetto delle persone che cantano le nostre canzoni, che saltano, ballano, si distraggono. Sono parte integrante del concerto stesso. Amiamo il nostro lavoro», raccontano.

«Al termine di un concerto, (di solito passata la mezzanotte), l'adrenalina è tanta. La sentiamo scorrere nelle nostre vene fino al giorno seguente. La musica è la nostra energia».

Obiettivi per il futuro? Crescere. Crescere nel senso di andare oltre. «Per il futuro ci aspettiamo di migliorare, di proporre novità. Guardare al passato per colorare il presente».

Chiedo loro di dare un messaggio a tutti i loro fan. Rispondono così: «Ragazzi divertitevi. Prendete le cose sul serio, ma non troppo. E ricordate, mai lamentarsi del superfluo. La felicità sta nelle cose semplici. E' questo quello che vogliamo trasmettervi con le nostre canzoni. Noi a voi ci teniamo. Senza il vostro caloroso affetto, i Molotov d'Irpinia non starebbero qui oggi a raccontare la propria storia. Un messaggio semplice e chiaro. Speriamo vi sia arrivato. Ma soprattutto speriamo lo mettiate in pratica. Ci vedremo al prossimo concerto».

*Studentessa del corso di giornalismo organizzato da Ottopagine nell'amito dell'iniziativa scuola/lavoro