Ancora successi per Al mio Paese di Petriello

A tre anni dall'uscita nuove presentazioni. Ne parla l'autrice

Benevento.  

Ci sono libri ispirati che vivono prima della loro nascita e continuano a dire tanto anche dopo diverso tempo dall'uscita. Pagine che possiedono il pregio di sembrare nuove anche ad una seconda lettura e riescono sempre ad incuriosire. Parole capaci di far riflettere e lasciar traccia, 'contaminando' i pensieri e dando vita a nuovi frutti.
Sono rari, indubbiamente. Sono libri speciali. Lontani anni luce dalle mode ma capaci di fotografare un tempo. Estranei all'immobilismo e alla vacuità comune. In grado di fissare uno spazio d'azione definito che non è mai un recinto ma una solida casa, alla quale tornare sempre con la consapevolezza di trovare la forza per ripartire.

 

E' il caso di “Al mio Paese - Sette vizi. Una sola Italia”. Il libro della giornalista beneventana Melania Petriello, edito dalla casa editrice Edimedia, nella collana PensieroLento.
Se prima di arrivare in libreria il lavoro aveva già dato vita ad uno short film e ad uno spettacolo teatrale, oggi, a distanza di tre anni dalla pubblicazione, continua a ricevere consensi.
Ne è esempio il piccolo ma intenso tour che l'autrice Melania Petriello e l'editrice Danila De Lucia stanno per affrontare in Toscana.
Venerdì 17 aprile saranno al Circolo “Matteotti” a Prato per la presentazione del libro e, il giorno precedente a Firenze, dove oltre al libro ci sarà anche la proiezione dello short film omonimo, per la regia di Valerio Vestoso.

 

Al Mio Paese rilegge la storia e disegna “un affresco giornalistico e irriverente dell’Italia che siamo”. Dalla strage di Capaci al Concilio Vaticano II, passando per il delitto Pasolini, il colera del ’73, il nuovo meridionalismo e il Codice Da Vinci, i rigurgiti postunitari e il crollo della diccì, la spinta orgiastica del potere e la corruzione come metastasi genetica.
Con Melania Petriello per raccontare “un’Italia riletta attraverso lo spettro dei vizi capitali” nove eccellenti giornalisti italiani Vanni Truppi, Carlo Puca, Luciano Ghelfi, Luca Maurelli, Carlo Tarallo, Tiziana Di Simone, Giuseppe Crimaldi, Fausta Speranza e Gianmaria Roberti con la prefazione di Franco di Mare e la postfazione dello storico Fabrizio Dal Passo.

 

«E' una grande soddisfazione – commenta l'autrice - scoprire che un libro uscito nel 2012 continua a camminare sulle sue gambe. 'Quando un libro nasce con un'idea non scade' disse Massimo Martinelli de Il Messaggero alla presentazione romana de Al Mio Paese. E dopo tre anni posso dire che è assolutamente vero. Quando dietro le cose c'è un progetto la scrittura ha un valore. E' il senso delle operazioni di scrittura che mi coinvolgono maggiormente, mentre non mi interessano affatto quelle della narrativa di veloce consumazione. E sono davvero felice che questo libro nasca con una casa editrice di Benevento, perché è un legame che rinsalda il rapporto con il territorio».
Melania Petriello pone l'accento anche su un ulteriore aspetto. «C'è bisogno – spiega – di una scrittura che si sporchi le mani. Una scrittura che non so se possa definirsi sociale ma che sicuramente guarda alle cose che accadono. Occorre – aggiunge – riaccendere il dibattito sulle città che, in Italia a differenza di altri Paesi, purtroppo è fermo agli anni '70».

 

Tornando agli appuntamenti che la vedranno protagonista questa settimana aggiunge: «Sono ancor più felice perché si tratta di incontri lontano dalle passerelle. A Prato potrò affrontare un confronto con molte realtà di produzione della scrittura e imprese culturali. Ci sarà spazio per un momento di confronto con laboratorio di scrittura Trame di quartiere, che indaga la scrittura in relazione a diversi temi, a cominciare dall'integrazione. Un incontro con le forme delle resistenze culturali alle quali – conclude – vorrei dedicarmi nei prossimi mesi».
E ancora sulla tappa di Prato aggiunge «ci sarà spazio anche per una piccola anticipazione di Manipolati, il reading sulle violenze che ho scritto per l'Eliseo e che riproporrò lì in autunno».

 

Il pensiero corre poi ai suoi compagni di viaggio: «Questo libro ha rappresentato un'esperienza straordinaria che mi ha dimostrato che da soli non si va da nessuna parte. Le persone fanno la differenza, certo. Ma si arriva lontano solo se ci si mette insieme. Sono davvero felice dell'impronta di condivisione collettiva, a dispetto delle tante monadi alla ricerca dei “quindici minuti di notorietà”, per dirla come Andy Warhol. Solo così il messaggio è amplificato e resiste nel tempo della scrittura cannibale di oggi».

 

 

Mariateresa De Lucia