Addio a Dario Fo, l'ultimo giullare

L'ironia come arma di progresso. L'amore da romanzo con la Rame. Nobel e genio assoluto

Quell'arte della satira, oggi purtroppo in Italia quasi del tutto scomparsa o miseramente scimmiottata, portata al suo apice e resa fruibile anche per la signora Maria

 

di Andrea Fantucchio

"Darwin ma siamo scimmie da parte di madre o di padre? E se siamo nati in Africa, naturalmente eravamo neri. Lo erano di certo anche Adamo ed Eva e forse persino Dio che di fatto era il padre di Adamo". Dario Fo era così. Estremo, provocatorio, ironico, e soprattutto, spesso ci azzeccava. Che con i presupposti esposti prima, è prerogativa soltanto dei geni.

Gli altri prendono cantone pazzesche, ma non lui. Fo aveva la capacità di trovare l'equilibro del limite, o meglio, di essere emblema di un limite squilibrato che si manifestava nell'arte che ha praticato da sempre: il dileggio dei potenti come scopo dell'esistenza e non per esistere.

Quell'arte della satira, oggi purtroppo in Italia quasi del tutto scomparsa o miseramente scimmiottata, portata al suo apice e resa fruibile anche per la signora Maria. Non solo per ferire il cavaliere di turno.

Memorabile, in proposito, le motivazioni che gli valsero il nobel: “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere, restituendo dignità agli oppressi”. Una targa ad imperitura memoria del pensiero libero sempre e comunque. E di una vita vissuta perennemente sul palco, anche fuori.

A partire dalla storia d'amore, pure quella a suo modo memorabile, che ha diviso con la sua unica compagna di vita: l'attrice Franca Rame. Un amore, il loro, che poteva appartenere a un copione davvero riuscito perché non imitava la vita ma la inventava. Un legame indissolubile, spezzato nel 2013 dalla morte di Franca.

Anche lì Fo si superò nell'addio non addio alla Rame.

“Quando si esce di scena - diceva – bisogna farlo in assoluto silenzio. L'unica trasgressione è concessa al pubblico che può farsi sentire col suo applauso o il suo dissenso”.

Sull'addio a Fo non ci sono dubbi: per lui soltanto un lungo, interminabile, applauso. Persino di chi, come il presidente del consiglio Renzi che oggi ha espresso tutto il proprio cordoglio, usciva davvero provato dalla sua ironia. Ma era un pungolo fine, di fioretto, che alla fine riusciva forse nell'incanto più grande: dare al vinto la convizione di essere stato sconfitto da un gigante.

E persino sentirsi onorato di essere bersaglio di una critica di tale spessore.

Poi, certo, ci sarà anche chi sarà contento di non averlo più tra i piedi. Ma per rispondere a questi signori basta la sua ironia: “Se mi capitasse qualcosa – diceva pensando alla morte - dite che ho fatto di tutto per campare”.