Terremoto, i piani d'emergenza in Campania? Mai visti...

Un assurdo per una regione ad alto rischio. Silenzio anche in Irpinia.

I piani sono obbligatori dal '92. Solo il 75 per cento dei comuni ne ha uno. Ma restano ad ammuffire. Nessun cittadino è stato mai informato. Eppure sarebbe un dovere.

di Luciano Trapanese

Il terremoto non ha insegnato nulla all'Irpinia e alla Campania. Non lo diciamo noi, ma un esperto della protezione civile. E non una figura qualsiasi, ma Felice Preziosi, disaster manager. Un professionista, dunque. Ci ha contattati dopo aver letto l'articolo sui “Maledetti Appennini”. «Abbiamo sprecato 36 anni – dichiara -. Dal terribile terremoto del 1980, ben poco è stato fatto in termini di prevenzione». Un'accusa grave, e che non può essere ricordata solo nell'immediatezza di tragedie simili. «Infatti, ma si predica nel deserto», aggiunge.

La questione è semplice (ed evitiamo di parlare dell'adeguatezza di tanti edifici, anche pubblici). Solo il 75 per cento dei comuni campani ha un piano d'emergenza (obbligatori dal 1992). L'Irpinia non ha fatto meglio. «Ma non è tutto – continua il disaster manager -. La cosa ancora più grave è un'altra: quei piani che ci sono restano comunque chiusi in un cassetto. Nessuno è informato, tantomeno la cittadinanza. Come non ci fossero. E naturalmente figuriamoci se esiste poi una segnaletica ad hoc». Niente informazione, niente piano. Del resto, considerando Avellino: un residente in via Roma non sa – perché nessuno lo ha informato – dove deve recarsi in caso di terremoto, dove confluire e attendere eventualmente dei soccorsi. Zero notizie, zero prevenzione.

Eppure tanti comuni campani non sono al sicuro. «Dimenticano sempre che questa regione è ad altissimo rischio sismico. Se ne parla un po', quando altrove capitano tragedie. Poi, passata l'emozione del momento, torna tutto come prima».

E' la tattica del tiriamo a campare. Purtroppo.

Ma se per mettere in sicurezza edifici pubblici e privati sono necessari interventi anche molto costosi, rendere operativo un piano – che magari già esiste -, è solo questione di buona volontà e organizzazione. O meglio: tirare fuori dai cassetti il piano di emergenza, informare con campagne ad hoc la cittadinanza, dare notizia ai singoli condomini dei luoghi dove recarsi in caso di emergenza, attrezzare le aree e predisporre una adeguata segnaletica. E' difficile? Non crediamo.

Così come ogni tanto fare una prova generale non sarebbe poi male.

«Non si vuole capire – continua Preziosi – che la mitigazione del rischio passa anche e soprattutto dall'informazione alla popolazione. Cosa che assolutamente non si fa».

Cosa vera, purtroppo, anche in tanti comuni del cratere, la zona – in particolare l'Alta Irpinia -, devastata nel terremoto di 36 anni fa.

Senza contare – come dispone invece la legge – che un piano d'emergenza comunale dovrebbe essere reso accessibile a tutti, anche sul sito istituzionale del comune. Ma non solo, i cittadini dovrebbero essere informati almeno una volta l'anno anche con brochure costantemente aggiornate. Voi l'avete mai ricevuta?

Beh rispondiamo noi: certamente no.

«Ma non possiamo tollerare questa assoluta superficialità – continua Preziosi -. Faremo di tutto per convincere i comuni a muoversi, è davvero sconcertante questo immobilismo». Sconcertante, pericoloso. Ed eventualmente – fate gli scongiuri – colpevole.